di Laura Fasano, vice direttore emerito del Giorno
Viene raffigurata come una vecchietta che veste abiti dismessi, con pochi capelli grigi raccolti in uno chignon, il naso aquilino e i denti poco curati. Proprio così: nell’immaginario collettivo, la Befana è brutta. Molto Brutta. All’inizio era una vecchina non cattiva, magari un po’ scorbutica, ma buona con i bambini, Poi l’accusa di essere una strega e – con Halloween – donna perfida e, a tratti, inquietante. In realtà il valore simbolico è evidente: rappresenta un anno appena finito, stanco e sudicio e il suo arrivo serve proprio a spazzare il vecchio per fare strada al nuovo.
La tradizione della Befana è molto radicata in Italia: molto meno in altri Paesi che, tuttavia, conservano tradizioni simili. Ad esempio in Austria e in Germania c’è l’usanza di bruciare fantocci vestiti di stracci all’inizio del nuovo anno ed esiste il personaggio di Perchta o Berchta, un’anziana dall’aspetto trasandato con piedi giganti che viene celebrata dodici giorni dopo il Natale. In Germania viene chiamata Perhetennacht: la vecchietta vola su un carro, seguita da streghe, anime di bimbi morti ed elfi. In tutti i casi, la Befana viene sconfitta e finisce nel fuoco di grandi roghi. Il rogo è emblematico perché, insieme alla brutta vecchia, bruciamo tutto ciò che di brutto è accaduto nell’anno appena concluso per auspicare bellezza e cose nuove.
L’articolo integrale e la vignetta di Chenzo sul nostro settimanale, in edicola da giovedì 5 gennaio 2023 e disponibile anche online, in tutte le edizioni:
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