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Addio a Benedetto XVI. Brambilla: «Mostrò come coniugare la vita e la sequela di Cristo»

Papa Ratzinger con il vescovo Brambilla e l’allora arcivescovo di Milano, card. Tettamanzi

Sono state le campane a lutto della cattedrale ad annunciare a Novara la morte di Papa Benedetto XVI nella mattina di oggi, 31 dicembre.

In tutte le parrocchie della diocesi di Novara – è l’invito del vescovo Franco Giulio – si celebreranno messe di suffragio nella serata di oggi, 31 dicembre e di domani. Il vescovo presiederà la celebrazione in memoria di Josef Ratzinger in Basilica di San Gaudenzio alle 18.

Un ricordo del vescovo Franco Giulio

Per ricordarlo, il vescovo ha anche diffuso un testo di commento  al discorso di Benedetto al IV Convegno nazionale della Chiesa Italiana del 2006. Nelle parole di quell’intervento, emergono con chiarezza e forza le intuizioni pastorali del Papa emerito e lo sguardo profetico sul cammino della Chiesa Italiana.  Per Benedetto, scrive Brambilla, «Questo resta il primo e l’ultimo criterio del servizio pastorale: “dar forma” alla vita degli uomini e delle donne, perché assumano i contorni di Gesù. Come dice Papa Benedetto nell’Epilogo del discorso. “Ritorniamo così al punto da cui siamo partiti: decisivo è il nostro essere uniti a Lui, e quindi tra noi, lo stare con Lui per poter andare nel suo nome (cfr Mc 3, 13-15)”. Questa può essere solo un’operazione spirituale, pensata e vissuta nello Spirito, che è capace di coniugare la vita attuale e la sequela di Cristo, la storia presente e la pasqua del Risorto, l’epoca contemporanea e la singolarità assoluta del Signore. Per questo il Discorso di Verona rimane una delle pagini memorabili del magistero di Papa Benedetto XVI».

La notizia diffusa nella mattina di oggi

A comunicarne la scomparsa, poco prima delle 10, era stata una nota della Sala Stampa Vaticana. «Con dolore – ha detto il direttore Matteo Bruni –  informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Non appena possibile seguiranno ulteriori informazioni».

Dalla mattina di lunedì prossimo, 2 gennaio, il corpo del Papa emerito sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli.

Già dai giorni scorsi le condizioni di salute del Papa emerito si erano aggravate per l’avanzare dell’età (95 anni), come la Sala stampa aveva riferito aggiornando sull’evolversi della situazione.

Lo stesso Papa Francesco aveva voluto condividere pubblicamente la notizia sul peggioramento dello stato di salute del suo predecessore al termine dell’ultima udienza generale dell’anno, lo scorso 28 dicembre, quando aveva invitato a pregare per il Papa emerito, «molto ammalato», perché il Signore potesse consolarlo e sostenerlo «in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine». E in tutti i continenti si erano subito moltiplicate le iniziative di preghiera con messaggi di solidarietà e vicinanza anche dal mondo non ecclesiale.

Da sacerdote a Papa emerito

(a cura di M.Michela Nicolais/ Sir)

 Il cardinale Joseph Aloisius Ratzinger, Papa Benedetto XVI, è nato a Marktl am Inn, diocesi di Passau (Germania), il 16 aprile del 1927 (sabato santo), e battezzato lo stesso giorno. Il padre, commissario di polizia, proveniva da un’antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera, di condizioni economiche piuttosto modeste. La madre era figlia di artigiani di Rimsting, sul lago Chiem, e prima di sposarsi aveva lavorato come cuoca in vari hotels. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza in Traunstein, piccola località vicina alla frontiera con l’Austria, a 30 km. da Salisburgo. In questo contesto, che egli stesso ha definito “mozartiano”, ricevette la sua formazione cristiana, umana e culturale. Non fu facile il periodo della sua giovinezza. La fede e l’educazione della famiglia lo prepararono ad affrontare la dura esperienza di quei tempi, in cui il regime nazista manteneva un clima di forte ostilità contro la Chiesa cattolica. Il giovane Joseph vide come i nazisti colpivano il parroco prima della celebrazione della Santa Messa. Proprio in tale complessa situazione, egli ebbe a scoprire la bellezza e la verità della fede in Cristo; un ruolo fondamentale per questo svolse l’attitudine della sua famiglia, che sempre dette chiara testimonianza di bontà e di speranza, radicata nella consapevole appartenenza alla Chiesa. Fino al mese di settembre del 1944 quando fu arruolato nei servizi ausiliari antiaerei.
Dal 1946 al 1951 studiò filosofia e teologia nella Scuola superiore di filosofia e di teologia di Frisinga e nell’università di Monaco di Baviera. Fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1951. Un anno dopo intraprese l’insegnamento nella Scuola superiore di Frisinga. Nel 1953 divenne dottore in teologia con la tesi “Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”. Quattro anni dopo, sotto la direzione del noto professore di teologia fondamentale Gottlieb Söhngen, ottenne l’abilitazione all’insegnamento con una dissertazione su: “La teologia della storia di San Bonaventura”. Dopo aver insegnato teologia dogmatica e fondamentale nella Scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga, proseguì la sua attività di docenza a Bonn, dal 1959 al 1963; a Münster, dal 1963 al 1966; e a Tubinga, dal 1966 al 1969. In quest’ultimo anno divenne cattedratico di dogmatica e storia del dogma all’Università di Ratisbona, dove ricoprì al tempo stesso l’incarico di vicepresidente dell’Università. Dal 1962 al 1965 dette un notevole contributo al Concilio Vaticano II come “esperto”; assistette come consultore teologico del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia. Un’intensa attività scientifica lo condusse a svolgere importanti incarichi al servizio della Conferenza episcopale tedesca e nella Commissione teologica internazionale. Nel 1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac ed altri grandi teologi, dette inizio alla rivista di teologia “Communio”.
Il 25 marzo del 1977 il Papa Paolo VI lo nominò arcivescovo di Monaco e Frisinga e ricevette l’Ordinazione episcopale il 28 maggio. Fu il primo sacerdote diocesano, dopo 80 anni, ad assumere il governo pastorale della grande arcidiocesi bavarese. Come motto episcopale scelse “collaboratore della verità”. Paolo VI lo creò cardinale, con il titolo presbiterale di “Santa Maria Consolatrice al Tiburtino”, nel Concistoro del 27 giugno del medesimo anno. Nel 1978, il cardinale Ratzinger prese parte al Conclave, svoltosi dal 25 al 26 agosto, che elesse Giovanni Paolo I, il quale lo nominò suo inviato speciale al III Congresso mariologico internazionale celebratosi a Guayaquil, in Ecuador, dal 16 al 24 settembre. Nel mese di ottobre dello stesso anno prese parte al Conclave che elesse Giovanni Paolo II. Fu relatore nella V Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi del 1980 sul tema: “Missione della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo”, e presidente delegato della VI Assemblea generale ordinaria del 1983 su “La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa”.
Giovanni Paolo II, il 25 novembre del 1981, lo nominò prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale. Il 15 febbraio del 1982 rinunciò al governo pastorale dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga; il 5 aprile del 1993 venne elevato dal Pontefice all’Ordine dei vescovi, e gli fu assegnata la sede suburbicaria di Velletri – Segni. È stato presidente della Commissione per la preparazione del catechismo della Chiesa Cattolica, che, dopo sei anni di lavoro (1986–1992), ha presentato al Santo Padre il nuovo Catechismo. Giovanni Paolo II, il 6 novembre del 1998, approvò la sua elezione a vice decano del Collegio cardinalizio da parte dei cardinali dell’Ordine dei vescovi, e, il 30 novembre del 2002, quella a decano con la contestuale assegnazione della sede suburbicaria di Ostia. Fu inviato speciale del Papa alle celebrazioni per il XII centenario dell’erezione della diocesi di Paderborn, in Germania, che ebbero luogo il 3 gennaio 1999. Dal 13 novembre del 2000 era accademico onorario della Pontificia accademia delle scienze. Nella Curia romana è stato membro del Consiglio della Segreteria di Stato per i rapporti con gli Stati; delle Congregazioni per le Chiese orientali, per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, per i vescovi, per l’Eeangelizzazione dei popoli, per l’educazione cattolica, per il clero e delle cause dei Santi; dei Consigli pontifici per la promozione dell’unità dei cristiani e della cultura; del Tribunale Supremo della Segnatura apostolica; e delle Commissioni pontificie per l’America Latina, dell’“Ecclesia Dei”, per l’interpretazione autentica del codice di Diritto canonico e per la revisione del Codice di Diritto canonico orientale.
Tra le sue numerose pubblicazioni, occupa un posto particolare il libro: “Introduzione al Cristianesimo”, silloge di lezioni universitarie pubblicate nel 1968 sulla professione della fede apostolica; “Dogma e predicazione” (1973), antologia di saggi, omelie e riflessioni dedicate alla pastorale, oltre ai tre volumi su “Gesù di Nazaret” (…). Nel 1985 pubblicò il libro-intervista: “Rapporto sulla fede” e, nel 1996, “Il sale della terra”. Ugualmente, in occasione del suo 70° genetliaco, venne edito il libro: “Alla scuola della verità”, in cui vari autori illustrano diversi aspetti della sua personalità e della sua opera. Numerosi sono i dottorati “honoris causa” che ha ricevuto: dal College of St. Thomas in St. Paul (Minnesota, Usa) nel 1984; dall’Università cattolica di Lima nel 1986; dall’Università cattolica di Eichstätt nel 1987; dall’Università cattolica di Lublino nel 1988; dall’Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa) nel 1999; dalla Facoltà di teologia dell’Università di Breslavia (Polonia) nel 2000.
Al cardinale Ratzinger sono state affidate le meditazioni della Via Crucis 2005 celebrata al Colosseo. In quell’indimenticabile Venerdì santo, Giovanni Paolo II, stretto, quasi aggrappato al Crocifisso, in una struggente “icona” di sofferenza, ha ascoltato in silenzioso raccoglimento le parole di colui che sarebbe divenuto il suo successore sulla Cattedra di Pietro. Le sue riflessioni risuonate la sera del Venerdì santo nel suggestivo scenario del Colosseo sono rimaste impresse nelle coscienze degli uomini: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”. Appena ventiquattr’ore prima della morte di Giovanni Paolo II, ricevendo a Subiaco il “Premio San Benedetto” promosso dalla Fondazione sublacense “Vita e famiglia”, aveva ribadito con parole oggi particolarmente eloquenti: “Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia, che in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce. Ritornò e fondò Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli”.
Venerdì 8 aprile – come decano del Collegio Cardinalizio – ha presieduto la Santa Messa esequiale. Intense le parole scelte per l’omelia: “Il Santo Padre, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole: ‘Un altro ti cingerà…’. E proprio in questa comunione col Signore sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato il Vangelo, il mistero dell’amore che va fino alla fine (cfr Gv 13, 1)”. “Egli – ha affermato il cardinale Ratzinger – ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia… Il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo”. E ha così concluso, con parole che costituiscono una “sintesi”, si può dire, del pontificato di Giovanni Paolo II, ma anche della sua stessa missione di fedele, diretto e stretto collaboratore del Papa dal 1981 come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Divina Misericordia: Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: ‘Ecco tua madre!’. Ed ha fatto come il discepolo prediletto: l’ha accolta nell’intimo del suo essere – Totus tuus. E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo. Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo apostolico e un’ultima volta ha dato la benedizione “Urbi et orbi”. Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore”.
Alla vigilia della sua elezione al Soglio Pontificio, nella mattina di lunedì 18 aprile, nella Basilica vaticana, ha celebrato la Santa Messa “pro eligendo Romano Pontifice” insieme con i 115 cardinali, a poche ore dall’inizio del Conclave che lo avrebbe eletto. Lo storico annuncio della rinuncia al ministero petrino, dopo otto anni di pontificato, è arrivato l’11 febbraio 2013: dal 28 febbraio dello stesso anno ha vissuto, “nascosto al mondo”, come primo Papa emerito della storia, nel monastero Mater Eccleasiae, vicino a Casa Santa Marta, dove risiede il suo successore, Papa Francesco.

 

 

 

Andrea Gilardoni: