Il maggiore esponente del XX secolo, con Albert Camus, dell’esistenzialismo ateo che scrive, mette in scena e interpreta un atto unico sulla Natività? Anzi interpreta nientemeno che uno dei Re Magi, ossia Baldassarre, il più ‘filosofo’ dei Magi? È quanto succede con “Bariona o il gioco del dolore e della speranza”, che ha per sottotitolo “Racconto di Natale per cristiani e non credenti”, originale racconto scritto, nel Natale del 1940, da Jean-Paul Sartre per i suoi compagni di prigionia nel campo di Treviri. Il filosofo e scrittore francese, caduto prigioniero dei tedeschi dopo la disfatta del 1940, si trova nello Stalag XII della cittadina della Renania-Palatinato. Qui, come spiega Santo Arcoleo, già docente di Filosofia nei licei novaresi e curatore dell’introduzione al volume che presenta l’‘insolito’ e quasi inatteso lavoro del drammaturgo, «Sartre si trova in un gruppo di prigionieri alquanto complesso». In quei frangenti riesce «a farsi inserire in quello dei musicisti e, con loro, dà vita a numerosi spettacoli musicali». Non solo. Ottiene anche dai tedeschi «un carro armato in disuso all’interno del quale poter suonare. In quel gruppetto di prigionieri – prosegue Arcoleo – ci sono anche diversi sacerdoti. Con loro Sartre disquisisce di filosofia e religione. Sono questi che, avvicinandosi il Natale, chiedono all’ateo di scrivere qualcosa per tutti quanti, qualcosa per una recita di Natale.
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