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Il vescovo agli studenti dell’Omar: «siate orgogliosi della vostra scuola»

«Dovete essere orgogliosi della vostra scuola, di frequentare un istituto tecnico. E’ la prima volta che intervengo in un Itis. Chiedevo spesso di farmi parlare in un istituto professionale o in uno tecnico, ma mi portavano in scuole considerate più ‘di valore’. In Italia, purtroppo, c’è una forte sottovalutazione delle scuole delle professioni, a favore dei licei o di altri tipi di istituti. Poi, però, ci troviamo con imprenditori che si lamentano perché non riescono a reperire lavoratori qualificati. Come dice un filosofo francese “L’intelligenza è sulle punta delle dita”. Una frase particolarmente vera, che vi invito a tenere a mente e a collocare, magari con una targa, all’ingresso della vostra scuola».

Così il vescovo Franco Giulio Brambilla (foto Visconti), venerdì mattina 18 novembre, in un incontro con alcune classi dell’istituto tecnico industriale Omar di baluardo Lamarmora. Un incontro di un paio d’ore, in cui il vescovo ha parlato un po’ di tutto, invitando anche gli studenti a tirar fuori le paure, i timori, le ansie e le difficoltà nate in questi ormai quasi tre anni di Covid. A introdurre monsignor Brambilla, il preside Francesco Ticozzi: «oggi finalmente abbiamo tra noi il vescovo. E’ stato un lungo ‘corteggiamento’, ma sapevamo che sarebbe sicuramente venuto a trovarci. Abbiamo molte affinità, tutti e due siamo cresciuti in oratorio e tutti e due abbiamo lavorato a lungo, e ancora lavoriamo, nel mondo dell’educazione».

Monsignor Brambilla, sempre sull’importanza degli istituti tecnici, ha rilevato come in Italia sia molto diverso rispetto a quanto accade in Germania, «dove io, spesso, ho trascorso anche un mese all’anno. Da loro gli istituti tecnici hanno grandissima importanza, la cultura tecnica ha grande valore». E ancora: «sono diventato sacerdote perché non mi hanno lasciato andare all’Hensemberger, istituto tecnico industriale molto rinomato a Monza». Sempre parlando di scuola, riferendo la situazione tedesca: «In Germania un insegnante è presente 30 ore la settimana a scuola, con uno stipendio che va dai 2. 200 ai 2.800 euro. Siccome l’orario di cattedra è di 18 ore, per altre 12 ore l’insegnante è a disposizione del preside per svolgere altra attività. Un sistema che, fosse adottato anche in Italia, porterebbe molte più persone a voler fare gli insegnanti, a educare. E’ bello educare, è il lavoro più bello del mondo. ‘Educare’ – ha aggiunto, rispondendo a una domanda di un professore – vuol dire tirar fuori la parte migliore di noi, condurre verso il bene». E poi sull’importanza delle parole, «le parole non sono le etichette sulle cose, ma la chiave per entrare nelle cose».

Tra le domande che i ragazzi hanno posto al vescovo, quale sia il suo santo preferito, Francesco, e il suo rapporto con il papa. «L’ho incontrato il 10 giugno scorso, dopo che mi aveva incaricato – ha riferito Brambilla – di eseguire un accertamento su un caso delicato. Una volta svolto il lavoro, sono andato da lui. Un incontro cordiale di circa un’ora. L’ho trovato, nonostante l’età, di una grandissima lucidità mentale. Qualche giorno dopo mi ha inviato una lunga lettera, scritta a mano, per ringraziarmi».

Un incontro in cui con i ragazzi il vescovo ha parlato anche di guerra e di come oggi il problema più grande sia l’indifferenza, come anche di bullismo e del porre attenzione alle parole, al saper incanalare l’aggressività, «in modo da non far male all’altro e a noi stessi».

Articolo completo sul settimanale “L’Azione”, in edicola da venerdì 25 novembre

Monica Curino: