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    Categories: Cronaca

Lite nel bar sfocia in una violenta aggressione: la Polizia identifica 4 giovani

L’episodio risale a inizio gennaio, quando una violenta aggressione si era verificata alla periferia della città, nella zona che porta verso Galliate. Una vera e propria imboscata, che ha portato al ferimento di un giovane kosovaro, che, ricoverato in ospedale, aveva riportato una prognosi di ben 80 giorni, con ferite particolarmente gravi al volto. Una vicenda che ieri, giovedì 12 maggio, ha portato la Squadra Mobile della Polizia di Stato di Novara a eseguire tre misure cautelari non detentive (per una quarta persona non è stato possibile procedere in quanto l’indagato al momento risulta irreperibile) nei confronti di altrettanti cittadini albanesi residenti a Novara e nella zona dell’Alta provincia.

I quattro risultano essere gli autori dell’aggressione ai danni di altri tre giovani, due di origine kosovara e uno di origine marocchina, anche loro residenti nel Novarese. L’aggressione è il seguito di una banale lite che si era verificata il giorno prima in un bar del centro. Un alterco nato per un apprezzamento portato a due ragazze che, in quel momento, si trovavano in compagnia di una delle vittime. Già in quell’occasione la lite stava per degenerare, passando alle vie di fatto. Tutto si era, fortunatamente, bloccato, perché qualcuno dei presenti aveva riferito di voler chiamare la Polizia.

Il giorno seguente i quattro albanesi, con il pretesto di un incontro chiarificatore e dopo essere riusciti a ricostruire chi fossero gli altri ragazzi, avrebbero fissato un appuntamento con le vittime in un luogo appartato. Giunti sul posto il marocchino e i kosovari hanno subito intuito di essere stati attirati in una trappola, in una vera e propria imboscata. Sono stati infatti aggrediti con bastoni, mazze ferrate e un tirapugni. Ad avere la peggio un 20enne kosovaro, che ha dovuto ricorrere a importanti interventi sanitari a seguito di un colpo con il tirapugni che l’ha raggiunto al volto. Gli altri due aggrediti hanno riportato ferite più lievi. Per evitare che scappassero, gli aggressori avevano anche bucato le gomme dell’auto delle vittime.

Le tre vittime si sono così recate in Questura, fornendo un racconto molto dettagliato, che ha permesso alla Squadra Mobile di raccogliere elementi utili a identificare i presunti autori, che erano persone non conosciute dai tre feriti. Grazie a un soprannome sui social si è giunti a ricostruire amicizie e contatti e ad arrivare ai quattro. Dai dati raccolti sono stati ricostruiti gli spostamenti di uno degli indagati, rendendo così possibile alla Squadra Mobile di risalire all’identità anagrafica di tutti e quattro gli indagati. Identità che è stata confermata tanto dalle vittime quanto da alcuni testimoni sentiti nel corso dell’indagine e, peraltro, rilevano dalla Questura, “del tutto compatibile anche con le descrizioni rese nell’immediatezza dei fatti”. E’ stato poi possibile anche, attraverso un’attenta ricostruzione, assegnare i diversi ruoli avuti dai quattro nell’ambito dell’aggressione. Tre di loro, infatti, avrebbero partecipato alla lite, mentre uno non sarebbe stato presente quel giorno, ma sarebbe stato reclutato solo dopo proprio per l’aggressione. 

Successivamente è stata chiesta al Giudice per le indagini preliminari la misura cautelare, che è stata eseguita nella giornata di giovedì 12 maggio.

I quattro sono ora sottoposti all’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, ma hanno anche l’obbligo di dimora nel comune di residenza con obbligo di permanenza notturna.

L’operazione è stata illustrata questa mattina, venerdì 13 maggio, in una conferenza stampa in Questura dal dirigente della Squadra Mobile, Massimo Auneddu, alla presenza del capo di gabinetto, Dionisio Peluso. “Gli aggressori – ha riferito Auneddu – hanno tra i 20, 25 anni e i 37 anni. Alcuni di loro, non tutti, hanno precedenti specifici. Le vittime sono giovani studenti. Un episodio molto grave – ha concluso – per il quale non è mancata una giusta e forte risposta da parte della Polizia di Stato”.

Monica Curino: