Di Elena Ugazio*
Dopo due anni di pandemia finalmente riusciamo a tornare in piazza per celebrare il Primo Maggio. Ritorna in piazza, con le sue donne ed i suoi uomini, il mondo del lavoro che è sempre stato in prima linea per permettere a questo Paese di non fermarsi fin dalle primissime ore della fase pandemica attraverso i protocolli sicurezza. E lo abbiamo fatto, come in altre fasi della storia del nostro Paese, con la consapevolezza che nei momenti di svolta la partecipazione di tutte le parti sociali sia fondamentale per far sì che le scelte che vengono messe in campo possano garantire sviluppo, equità e coesione, tre elementi che devono necessariamente viaggiare insieme.
Speravamo di poterlo celebrare guardando con un po’ di serenità al futuro invece ci ritroviamo ributtati nel Novecento, che è tornato prepotentemente tra noi con il suo carico di tragedie. Assistiamo ogni giorno increduli alle atrocità della guerra che si sta consumando all’interno della nostra Europa, e come per la pandemia anche oggi affermiamo che è solo con una Europa politica, civile e sociale più forte che riusciremo ad uscire da questa crisi globale. Una Europa che deve rigenerare sé stessa andando al di là dei trattati e dei vincoli di bilancio, una Europa capace di una nuova fase costituente che metta al centro le persone.
Come affermiamo nel titolo dato a questa giornata (Al lavoro per la pace) il Sindacato Confederale crede che la pace passi anche attraverso il lavoro, come ha bene affermato anche Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata della pace. Il lavoro che quindi diventa ancora una volta la chiave di volta nella vita di ciascuno e delle nostre comunità. Un lavoro che per noi deve essere dignitoso, giusto, sicuro, inclusivo. Un lavoro sicuro ma i numeri che l’Inail ha fornito sui primi due mesi dell’anno fanno paura: 120 mila denunce di infortunio di cui 114 con esito mortale, una scia di sangue inaccettabile che deve vedere un’alleanza virtuosa tra mondo del lavoro, mondo datoriale e istituzioni per promuovere una cultura della sicurezza.
Come Sindacato in questo territorio negli ultimi mesi stiamo provando a fare la nostra parte a partire dalla valorizzazione e formazione dei nostri rappresentanti la sicurezza nei posti di lavoro, come pure tramite il nostro apporto di proposte all’interno delle diverse cabine di regia. Lo facciamo perché per noi ogni euro per la sicurezza non è una spesa bensì un investimento per il bene dell’individuo e della collettività. Un lavoro che cambia, che non ha più “un tempo ed un luogo” per effetto della forte accelerazione data dalla pandemia, e che però necessita nuove regole e tutele che per noi passano dalla contrattazione e dalla partecipazione: è arrivato il tempo per rendere effettivo quanto sancito nell’art. 46 della Costituzione.
Servono azioni concrete per impostare nuovi equilibri tra capitale e lavoro. Un percorso che porti a relazioni nuove, non fondate sull’antagonismo ma sui valori di autonomia, pragmatismo e responsabilità. Ed in questa scia si inserisce la nostra proposta di un Patto Sociale accolto dal Governo, ma che ha bisogno di essere riempito di contenuti, perché le sfide che abbiamo davanti le potremo affrontare con successo, Covid ce l’ha fatto ben comprendere, solo nella misura in cui saremo in grado di fare squadra tutti insieme senza contrapposizioni ma con corresponsabilità.
*Segretaria Generale della Cisl Piemonte Orientale