«Ho l’età per non lasciarmi imbrogliare da chi mi dice che ha fatto tanto per i poveri e ha perso non solo la ragione per cui l’ha fatto, ma anche la linfa vitale che gliel’ha fatto compiere senza ostentazione. Ho l’età per non lasciami incantare da chi mi parla di spiritualità e di sacro, ma fatica a stare vicino al proprio fratello, a condividere gioie e dolori nel servizio al Vangelo».
Nella messa crismale che precede il Triduo Pasquale, in una cattedrale gremita dei preti della diocesi per la consacrazione degli oli sacri e per rinnovare le promesse sacerdotali, il vescovo Franco Giulio ha proposto una meditazione sui rischi di una fede vissuta perdendone il centro e il cuore pulsante, per divenire «discepoli che inseguono la propria idea di “regno di Dio”, apostoli opportunisti per il proprio meschino interesse, inviati che hanno smarrito il senso del Vangelo che devono portare».
Come Giuda Iscariota: attore principale con Gesù, del Prefatio della messa in Coena Domini di un antico messale del X secolo custodito nell’archivio capitolare di Santa Maria, che il vescovo ha commentato passo a passo. Un confronto tra il “Salvatore” e il “Traditore” che apre alla prima domanda che il vescovo si è posto e alla vigilia della Pasqua ha posto a tutti i fedeli e ai suoi preti. «Perché bisogna scegliere tra Gesù e Giuda? Non siamo noi meno tragici di Giuda che tradisce, non somigliamo piuttosto ai discepoli addormentati che si sono lasciati andare lungo la cena e che hanno abbandonato il maestro dandosela a gambe? Noi oggi forse siamo più minacciati dall’ottundimento che dal tradimento, dal compromesso che dal rifiuto? Il tirare a campare, lo stare nella zona d’ombra che ci consente di non decidere».
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