Come poter essere vicini alle persone che fuggono dall’Ucraina e soprattutto ai tanti bambini che, nelle ultime settimane, sono stati accolti nelle nostre città? Nel primo mese di guerra, alle notizie terribili che dalle città bombardate rimbalzavano sui nostri schermi, hanno fatto da contraltare quelle delle tantissime persone mobilitate per aiutare e per dare un segno di vicinanza.
Le abbiamo raccontate sulle pagine del nostro giornale: viaggi sino al confine polacco, file per consegnare farmaci alla parrocchia di padre Yuriy, donazioni alla Caritas, impegno di Fondazioni e associazioni. In questi giorni, anche la prima ordinanza della protezione civile per sostenere economicamente i profughi.
Ora, però, pensando ai più piccoli ora, serve una risposta coordinata e in sinergia. Queste settimane, la creatività educativa è stata protagonista nelle scuole che hanno accolto questi bambini. Parole e frasi base scritte in italiano e tradotte in cirillico, canzoni, cartoni animati e fiabe in ucraino per provare a far sentire un po’ di casa a questi bambini che dalle loro case sono dovuti fuggire.
Ma tra poco questo sforzo non basterà più. Le scuole non possono essere sole nel gestire un’emergenza nell’emergenza che arriva dopo i lunghi mesi delle difficoltà legate al Covid. Servono progetti e tempistiche certe. Ad esempio: è previsto l’impiego di mediatori culturali e psicologi ma non si sa quando. Intanto qualche volontario viene in aiuto. E, nel contempo, l’arte dell’insegnamento fa uscire ciò che c’è di più bello e di più valido.
Paolo Usellini
Direttore dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Novara
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