Pubblichiamo di seguito l’articolo di fondo dei nostri giornali in edicola da venerdì 4 marzo, a firma di don Renato Sacco, parroco di Cesara e consigliere nazionale di Pax Christi.
«Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, “ripudia la guerra”». Le parole del Papa all’Angelus di domenica scorsa riassumono bene la situazione. La tragedia di una guerra vicina che colpisce la popolazione dell’Ucraina, a noi cara anche per le numerosissime presenze, soprattutto donne, nel nostro territorio, nelle nostre case a prendersi cura dei nostri anziani.
Sul piano della solidarietà, dell’accoglienze e della condivisione, con la Caritas Diocesana ci si sta muovendo per far fronte a questa tragedia. E non solo a questa, perché molti sono i profughi che scappano da altre guerre e in Europa trovano spesso muri e filo spinato.
Non sono certo io un politologo o un esperto di geopolitica: già ne sentiamo troppi in tv, di “esperti”. Sono sempre i soliti, che pontificano sul Covid, vaccini, Quirinale, calcio e ora anche di strategie e di guerra. Il grande problema dell’informazione o della propaganda è più che mai evidente in questi tempi. È compito di ciascuno non farsi travolgere da una informazione che in tempo di guerra diventa sempre più pericolosa. Perché la prima vittima di ogni guerra è la verità.
Ognuno di noi cerca di capire qualcosa che è incomprensibile. Come è possibile ancora la guerra? Oggi? Condannare la folle aggressione di Putin è doveroso e scontato. Ed è altrettanto importante denunciare tutti i progetti di guerra, la politica della Nato, i grandi investimenti in armi. Nel mondo 2000 miliardi ogni anno! Oggi qui, adesso, noi siamo travolti da questa ‘follia’ vicino a casa nostra. Sì, perché la guerra, lo diceva nella Pacem in Terris Papa Giovanni XXIII, «alienum est a ratione»: roba da matti. Eppure…
Insieme alla doverosa solidarietà e condivisione umana anche verso chi sta arrivando da noi, fuggendo dalla guerra, è necessario l’impegno per la pace. Perché si arrivi al più presto al cessate il fuoco. È importante declinare la parola pace con un impegno di disarmo. Non alimentare la guerra, non mettere benzina sul fuoco. A Putin abbiamo venduto una quantità enorme di armi. Un giornale riportava in questi giorni la foto di un carro armato Lince, in dotazione all’esercito occupante Russo, a Kiev. Ma quel carro armato è Made in Italy, prodotto dalla Iveco.
E’ necessario un serio esame di coscienza su come abbiamo continuato, di fatto, a preparare guerre con grandi investimenti in armi. E la decisione sconsiderata del Governo e del Parlamento italiano di inviare soldati e armi a sostegno del popolo dell’Ucraina è come buttare benzina sul fuoco. Lo sostengono anche autorevoli esperti ed ambasciatori. Quindi noi non stiamo solo assistendo ad un conflitto. Rischiamo di esserne coinvolti direttamente, con la nostra attiva partecipazione. C’è un movimento che chiede pace e non guerra. C’è un appello di diverse associazioni cattoliche: «l’Italia dica no alla guerra e alle armi nucleari presenti a Ghedi e Aviano, adesso!».
Come gesto di disarmo unilaterale. «Un gesto che apparentemente può sembrare sconsiderato e folle. Ma è la guerra a essere pura follia! La pace ha bisogno di scelte che possono sembrare insensate.
In realtà, possono scompigliare la ‘logica’ irrazionale della guerra ed evitare la catastrofe».
Con una convinzione: ci vuole più coraggio a scegliere la pace che la guerra.
Don Renato Sacco