Pubblichiamo di seguito la storia di Laura (il nome è di fantasia), che nel mezzo di una crisi di relazioni, di fede e di orizzonti, ha trovato – nel semplice confronto con un sacerdote e nella confessione – la via per riprendere in mano la propria vita.
Una relazione solida, che si sgretola; le difficoltà sul lavoro che arrivano proprio nel momento sbagliato e poi la notizia di una maternità inaspettata, prima voluta, ma che poi non fa altro che gettare una nuova ombra di incertezza e preoccupazione sul futuro. E’ l’inizio della storia di Laura (il nome è di fantasia), il principio di una strada difficile e tortuosa. Che ancora non è terminata, ma che oggi Laura sa di non percorrere più da sola. «A cambiare le cose è stato un incontro – dice -. Un incontro con un prete. Chi l’avrebbe detto, io che quasi avevo dimenticato come erano fatte le chiese». Una storia semplice, di una giovane donna che affronta pezzo per pezzo le sue difficoltà. E quella ancora più quotidiana di un sacerdote, che senza fare altro che vivere la sua vocazione ministeriale, sa essere sale per la terra e luce per il mondo.
Laura è giovane donna che vive in un piccolo centro sul Lago Maggiore, di origini straniere, ma che da tantissimi anni è nel nostro Paese, «mi sento italiana, sono italiana perché qui è casa mia». Eppure, anche quando ci si sente a casa il cielo dell’orizzonte può farsi buio. «Progettavamo insieme una famiglia. E già sapevamo che non saremmo più stati solo in due. Poi la storia è finita. Non so di chi fosse la responsabilità. So, però, che stavo malissimo».
Laura ha una rete di amicizie e di conoscenze solide. Una famiglia lontana, ma con la quale è in contatto. Ma ecco che quel momento personalissimo e difficile, in cui curare capire e approfondire i sentimenti, si incastona in un dramma collettivo ed epocale. «La pandemia non ha fatto altro che peggiorare la situazione. La prima fase è stata la più dura, perché il lockdown ha reso assoluto e irrimediabile il mio sentirmi sola». Quando la vita sociale è ripresa Laura ha dovuto misurarsi sui conti che non tornavano, il contratto di lavoro non rinnovato, l’incapacità di dialogare con il papà della piccola. «Stavo anche pensando – aggiunge commuovendosi un po’ – di interrompere la gravidanza».
Poi l’incontro. «Ero a Novara. Non ci vengo mai, ma quel giorno ero in città per delle cose da sbrigare. E ho visto la porta della cattedrale aperta. Non dà sulla piazza, è quasi nascosta dietro ad un cancello. Non so come ho fatto a notarla e cosa mi ha spinto ad entrare». Dall’ingresso al confessionale la strada è stata più semplice. «Ma appena mi sono accostata, ho pensato “ma che ci faccio qui?”. Di fronte avevo uno sconosciuto, che poteva dirmi? Per non parlare della confessione… era dalla Prima Comunione o dalla Cresima che non mi confessavo». Da lì in poi, però, per Laura è stato tutto più semplice. «Non mi ha criticato. E non mi ha giudicato. Mi ha solo ascoltato. Mi ha fatto qualche domanda ed è stato come se quelle domande sentissi di essere io per prima a dovermele fare da tempo». Per Laura è difficile spiegare. «Non è perché ho incontrato lui. Ma perché lui mi ha aiutato a dare uno sguardo nuovo alla mia vita, alle mie amicizie, a chi mi vuole bene, al mio essere mamma. E al mio rapporto con il Signore. Che forse c’è sempre stato, ma che era come sepolto sotto tante altre cose».
Laura è stata anche indirizzata ad un gruppo Caritas «per un piccolo aiuto. Ma adesso sono di nuovo autonoma. Nel frattempo è arrivata Beatrice».
E Laura adesso non si sente più sola.