X

Afghanistan, dramma e speranza. La testimonianza di suor Shanaz alla Veglia missionaria

Alla vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, che ricorre oggi domenica 24 ottobre, si è celebrata la veglia Missionaria diocesana a Boca, presieduta dal vescovo Franco Giulio Brambilla.

Ospite suor  Shahnaz Bhatti, suora della carità di Santa Giovanna Antida Thouret, rientrata da Kabul con l’ultimo volo organizzato dal Governo italiano il 25 agosto 2021.

«Spero di poter tornare presto a Kabul, mi ha detto suor Shanaz, quando l’ho incontrata – ha racconta il vescovo Brambrilla -. Dobbiamo pregare per lei possa tornare. E dobbiamo pregare per ringraziare quelle religiose, quei laici e quei preti che vogliono tronare in Afghanistan e in tutti gli altri Paesi che soffrono, per portare una voce di speranza».

E di speranza ha parlato la suora alla Veglia e in un’intervista al nostro giornale: «Resta forte in me – ha detto – la speranza che i giovani possano cambiare la storia: se saranno capaci di vivere per i grandi valori, costruiranno un mondo senza violenza, discriminazioni e ingiustizie».
Dal 15 al 25 agosto 2021 suor Shahnaz ha vissuto giorni di panico e ansia. «Paura di cadere nelle mani dei talebani, delle retate senza pietà – ricorda -. Anche organizzare la partenza, per far evacuare fino all’ultimo cristiano, è stato doloroso e difficile. Io ho scelto di restare fino alla fine: ero convinta che o saremo morti tutti o ci saremo salvati tutti. Naturalmente tifavo per quest’ultima cosa».
Suor Shahnaz ha vissuto gli ultimi giorni a Kabul con le suore di Madre Teresa che avevano con loro 14 bambini, tutti con gravi handicap. «Non saremmo mai partite senza di loro perché sapevamo che sarebbero morti – ricorda, commossa – Per fortuna siamo riuscite a portarli in Italia».
Per due anni la religiosa era a servizio nella missione per i bambini poveri e con ritardi mentali per l’Associazione Pro Bambini di Kabul. Un servizio che la vedeva impegnata nella scuola «e accanto alle loro famiglie e agli abitanti del quartiere, che vivevano nella povertà», occupandosi della gestione della struttura e coadiuvando le altre suore (un gruppo di diverse congregazioni) nella didattica.
Di origine pakistana, la religiosa conosceva le abitudini del popolo afghano, e ha sofferto per le donne. «Dopo 20 anni di prove di democrazia – racconta – molte donne giovani avevano tolto il burka, ma continuavano a essere soggette agli uomini come non fossero persone intelligenti, capaci di decidere da sole. Io stessa per andare in banca o in altri luoghi pubblici dovevo essere accompagnata da un uomo».
E proprio ricordando le donne afghane, suor Shahnaz parla di libertà, «per loro e per tutto il popolo. Ma ci vorrà tempo: serve un cambio di mentalità, lo sviluppo di una visione culturale aperta al confronto, accompagnamento e rispetto. Non basta armare un esercito locale per difendere la democrazia. Quelle stesse armi sono servite solo ad uccidere i fratelli che tentavano di difendere i diritti acquisiti».
La speranza può partire anche da lontano, dall’Occidente. «In questo momento le comunità cristiane possono aiutare con la comprensione, l’accoglienza, evitando giudizi e considerando quegli uomini e quelle donne nostri fratelli, meno fortunati e perciò più bisognosi di comprensione, tenerezza, giustizia e pace – dice -. Come il Papa ha sottolineato: è possibile che pochi ricchi spendano milioni per fare turismo nello spazio, quando basterebbe la metà di quelle somme ingenti perché nessun bimbo muoia più di fame, perché ci siano scuole per tutti, perché non ci siano più spose bambine o bambini soldato? Anche noi occidentali abbiamo avuto ed abbiamo tanta responsabilità».
E i giovani hanno un ruolo decisivo. «Ai giovani, anche a quelli che incontrerò nella diocesi di Novara, vorrei dire di coltivare sogni, non cedere ai compromessi, e dare spazio alla speranza. Possono cambiare la storia, hanno la Chiesa di papa Francesco dalla loro parte, non devono sciupare questa possibilità».

 

 

 

Sara Sturmhoevel: