«Ci sono momenti nella vita che ti restano scolpiti addosso… per me sono stati l’assassinio di Giovanni Falcone il 23 maggio del 1992 e l’attacco al cuore degli Stati Uniti dell’11 settembre del 2001, momenti nei quali ricordi esattamente dov’eri e cosa stavi facendo. Il terzo sarà il momento nel quale è stato dichiarato il lockdown, il 9 marzo del 2020, una condizione con la quale nessuno avrebbe mai pensato di doversi confrontare e del tutto innaturale per una società aperta e ‘sociale’ come la nostra».
Queste le parole con cui il Questore di Novara, Rosanna Lavezzaro, inizia il suo discorso per la festa della Polizia. «E’ forse troppo presto per trarre conclusioni sugli effetti che questo momento avrà sulla nostra società, intesa nella più ampia accezione del termine, ma è bene cominciare a rifletterci. Una domanda ricorrente che mi pongo è cosa rimarrà ai bambini, che amplificano ogni emozione. di tutta questa nuova condizione. Forse un senso di impotenza verso un nemico invisibile e impalpabile, con il quale ormai dovremo mettere in conto tutti di confrontarci d’ora in avanti». «Ognuno di noi – aggiunge il Questore – qualunque ruolo ricopra nella nostra società, si è dovuto confrontare con una realtà drammatica e surreale, la cui portata non è ancora nemmeno pienamente immaginabile in questo momento. Sono state compiute scelte, prese decisioni e assunte responsabilità in pochissimo tempo, dettate da esigenze sanitarie in parte sconosciute perfino all’ambiente scientifico. Un nemico impietoso che, con una ‘virulenza’ inaudita, ha stravolto le nostre vite, ridisegnando una quotidianità connotata da ansia, incertezza e fragilità. Il personale medico e sanitario più in generale ha pagato il prezzo più alto, in termini di vite umane e di sofferenza emotiva, per aver dovuto confrontarsi con una pandemia improvvisa e, in alcune realtà, prendere decisioni per i quali non si è mai preparati e che rischiano di lasciare segni indelebili nelle coscienze. Insomma un bagno di sangue emotivo. Il rispetto delle regole, presupposto imprescindibile per qualsiasi convivenza civile, è diventato di palmare evidenza, rappresentando il punto nodale per la tutela dell’intera collettività. Solo uno scrupoloso e rigoroso codice di comportamento ha consentito il superamento della fase critica della pandemia, nella consapevolezza che l’attenzione e la responsabilità di ciascuno proteggono l’intera comunità. Si è trattato di regole straordinarie – sottolinea il Questore Lavezzaro – che hanno inciso su diritti fondamentali finora ritenuti inviolabili, in particolare quello di riunione e di movimento, per la cui osservanza non sono stati concessi poteri straordinari al Governo. Il delicato discrimine tra una valutazione di assoluta necessità e urgenza a tutela della salute pubblica ha dovuto coniugarsi con libertà incomprimibili, in quanto costituzionalmente garantite. Questo ha reso ancora più articolata e complessa l’attività da parte delle Forze dell’Ordine, volta più alla persuasione e alla prevenzione che alla repressione tout-court. Le Forze dell’Ordine sono state infatti chiamate a vigilare sull’osservanza di queste regole, dettate dalla necessità di un’autoprotezione indispensabile per una salvaguardia comune. In questo contesto, un atto irresponsabile ha, infatti, ricadute nefaste sul prossimo e diventa dunque doppiamente colpevole e censurabile».
In questo scenario «il concetto giuridico che la responsabilità penale è sempre personale si aggrava nel considerare che un comportamento illecito questa volta avrà ricadute ben maggiori e andrà ben oltre il personale coinvolgimento dell’autore. Si protegge se stessi per proteggere gli altri. Si è trattato di un test particolarmente difficile per le Forze dell’Ordine che hanno dovuto muoversi su un terreno molto scivoloso, un discrimine molto labile tra ciò che era permesso e ciò che era invece vietato, esercitando un grande potere discrezionale. Solo il buon senso e un grande senso di equilibrio hanno ispirato l’operato delle Forze dell’Ordine, nella consapevolezza che la logica sanzionatoria, sebbene necessaria, fosse l’estrema ratio. Lo spirito di servizio alla collettività e la vocazione al soccorso pubblico hanno indirizzato l’operato delle Forze dell’Ordine prioritariamente verso un’azione di convincimento e persuasione sull’assoluta necessità del rispetto delle regole. Va da sé – ricorda Lavezzaro – che nessuna azione risulta efficace se non è prevista una conseguenza sanzionatoria, cui ricorrere però in ultima analisi. Non abbiamo perso di vista – sottolinea – l’eccezionalità della situazione che il mondo intero si è trovato a fronteggiare e lo sgomento nel dover cambiare e riorganizzare improvvisamente e radicalmente le nostre vite famigliari e professionali». Il Questore evidenzia anche come sia probabilmente troppo presto per delineare lo scenario futuro, quello «che ci troveremo a fronteggiare al termine di questa esperienza, che ha segnato indelebilmente le nostre esistenze presenti e future. Purtroppo molte pesanti ricadute in termini occupazionali e di crisi economica sembrano alquanto probabili e prevedibili. Sarà allora ancora più importante garantire una gestione delle eventuali proteste improntata al massimo equilibrio, avendo chiaro il dramma economico e sociale che alcune categorie di cittadini o lavoratori si troveranno a vivere. La capacità di calarsi nella condizione altrui e di sviluppare qual grado di empatia necessario per essere lettori attenti delle dinamiche sociali faranno la differenza tra una direzione illuminata del servizio di ordine pubblico o una gestione troppo rigida. Trattandosi di uno scenario totalmente nuovo sarà fondamentale intercettare le capacità di infiltrazione della criminalità organizzata comune e di stampo mafioso, le quali potrebbero avere gioco facile in un contesto economico particolarmente compromesso. Analogamente occorrerà limitare la capacità dei “professionisti del disordine” di creare tensioni in un tessuto sociale che potrebbe essere particolarmente ricettivo, in quanto in estremo affanno». Ancora il Questore: «Siamo ben consapevoli della delicatezza del nostro ruolo, molta attenzione è stata già dimostrata dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza, tanto che su questi temi è già iniziata una fase di approfondimento sullo scenario futuro. Si è già all’opera per farci trovare il più preparati possibile all’appuntamento, dotati di tutti quegli strumenti necessari a far sì che la risposta sia autorevole ed equilibrata. Saremo la prima risposta dello Stato al cittadino e non ci sarà consentito fallire». Il Questore ha poi ricordato i 40 anni della legge 121 del 1981 che determinò un cambiamento epocale del Dna della Polizia. «Riprendendo le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la Polizia che nasce con la legge 121 ha accresciuto “l’empatia democratica” e ha fatto maturare il concetto di sicurezza condivisa e partecipata, che ha quindi rideterminato il rapporto tra comunità e Forze di Polizia».