Omicidio del piccolo Leonardo: scontro tra i due imputati

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Un biglietto lasciato sul cancello della casa del piccolo nei giorni successivi la morte
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Giornata per lo più dedicata al controesame di Gaia Russo e al confronto tra lei e l’altro imputato, l’ex compagno Nicolas Musi, venerdì 12 febbraio, all’ultima udienza davanti alla Corte d’Assise di Novara per il processo per l’omicidio del piccolo Leonardo Russo, morto a soli 20 mesi il 23 maggio del 2019, a causa, come ricostruito dalle indagini della Polizia di Stato, delle percosse ricevute. Russo è accusata del delitto insieme a Musi. Le accuse per i due sono di omicidio volontario aggravato e maltrattamenti. Sono stati ascoltati anche alcuni testi delle parti civili (assistite dagli avvocati Lucia Gallone e Alessio Cerniglia).

All’udienza del primo febbraio, la giovane aveva risposto alle domande del pubblico ministero Silvia Baglivo, venerdì a quelle dei difensori degli imputati e delle parti civili. E già come accaduto undici giorni fa ha continuato a ribadire come non sia stata lei a uccidere il proprio bimbo.

«Non ho ucciso mio figlio, non l’ho mai toccato», ha riferito in aula. E quando le domande si fanno più pressanti, puntando a voler concretamente sapere chi sia stato a ferire mortalmente il bambino, la giovane, in difficoltà, piange e alla fine ribadisce quanto detto alla penultima udienza, ossia che non ha visto. Sostiene che stava dormendo ed era stata svegliata dalle grida di Musi, trovato, stando alla versione della ragazza, in camera da letto, che teneva in braccio il bimbo esanime. Alla domanda se si reputa responsabile della morte del piccolo Leonardo, scoppia nuovamente piangere e dice: «Sì, io mi sento responsabile della morte di Leonardo, del mio bimbo. Mi sento in colpa – prosegue – Non sono stata in grado di difenderlo. Ora sto facendo un percorso in comunità e sono una mamma con tante paure. Quando andiamo a fare qualche visita con la mia bambina ho paura che qualcuno le faccia del male, che accada qualcosa a mia figlia. Mi sono affidata alla persona sbagliata. Io mai ho fatto del male intenzionalmente a mio figlio. Raramente ho potuto andare al cimitero e, quando sono andata, vedere quel nome su quella tomba mi fa stare male. Mi fidavo ciecamente di Musi e ho sbagliato. Sono una mamma che ha sbagliato, che non ha capito, ma non sono una mamma violenta». E ancora, quando le è stata evidenziata qualche incongruità tra quanto sostenuto attualmente e quanto riferito dopo l’interrogatorio di garanzia: «la relazione con Musi era una relazione tossica. Dopo l’interrogatorio ho potuto stare sola e mi sono a poco a poco ripresa e ho ricordato meglio tutto».

Nel pomeriggio, poi, concluso l’interrogatorio di Russo, su richiesta dell’avvocato Alessio Cerniglia, che assiste come parte civile il padre naturale del piccolo Leonardo, richiesta poi accolta dalla Corte, ecco il confronto tra i due imputati su alcuni punti in cui le loro versioni sono totalmente contrastanti. Il presidente della Corte, Gianfranco Pezone, li ha invitati a chiarire cosa è accaduto nell’abitazione di corso Trieste quel 23 maggio. Alla fine in quell’appartamento c’erano solo loro due e il bimbo. I due imputati si confrontano animatamente, una seduta accanto al proprio avvocato, uno davanti alla Corte. Nessuno dei due cambia la propria versione. Musi: «quella mattina stavo dormendo, non so cosa sia successo, mi sono svegliato per le grida di Gaia», mentre la giovane continua su quanto già riferito il primo febbraio e ancora nella mattinata di venerdì 12: «sono stata svegliata dalle grida di Musi. Io ero sul divano. Sono corsa in camera da letto e lì c’era lui, seduto sul bordo del letto, con in braccio Leonardo. Mi disse che aveva sentito come un botto e che era corso in stanza e aveva trovato il bimbo a pancia in giù a terra e che Leo non reagiva». Altro scontro tra i due sulle confidenze che Musi avrebbe fatto all’allora compagna nei giorni antecedenti la morte del bimbo: «l’ho picchiato, ero nervoso». Un fatto che la donna ha negato con forza, attaccando l’ex compagno: «Quando sento che dici queste cose mi fai perdere il senno. Non mi ha detto queste cose, assolutamente no. Se gli ho scritto “Ti sei spaventato, stai tranquillo” era solo perché mi aveva riferito di aver dato due schiaffetti a Leonardo, che aveva perso i sensi, ma non mi aveva fatto alcuna confidenza». Confidenze che, invece, Musi ha confermato. Il difensore di Musi, nel corso della mattinata, ha sollevato due particolari: la scomparsa della coperta in cui era avvolta la madre di Leonardo mentre riposava sul divano. Presente in alcune foto, è sparita. E poi la presenza di una sigaretta accanto al letto dove dormiva il bambino, dove è stato ucciso. Una sigaretta che si è spenta da sola, come se chi la stesse fumando l’avesse lasciata lì nel posacenere per fare altro e pertanto era presente nella stanza. Una sigaretta che poteva essere stata lasciata lì anche in un altro momento. Di marca Chesterfield blu, quelle che fuma Gaia Russo. Musi ha riferito di non fumare quella marca, anche se a volte, quando non aveva le sue, fumava quelle di Russo, mentre la donna: «non ricordo, ma non penso di aver fumato. Ero in sala e sono corsa nella camera quando ho sentito le grida di Nicolas». Prossima udienza il 19 febbraio.