Quando ha iniziato il suo apostolato come infermiera al dispensario della parrocchia di Buhoro, in Burundi, molti bambini morivano di morbillo. Erano gli anni ‘70. Al dispensario arrivavano bimbi malnutriti e, con loro, famiglie disperate dal non poterli aiutare. È nata così, 40 anni fa, l’esperienza missionaria di suor Celina Tovagliaro, 82 anni, religiosa della Congregazione delle Sorelle della Carità.
Suor Celina, in queste settimane, è a Novara, alla casa di via Solferino, per un periodo di riposo e in attesa di essere vaccinata. Ma scalpita per tornare in Africa. Ha il Burundi nel cuore. E ancor di più i piccoli seguiti nell’orfanatrofio di Masango, dove si trova ora. Questo, anche se all’inizio, non si era detta subito pronta alla richiesta che le era giunta dalla madre generale. «Sono infermiera – racconta suor Celina – Il mio apostolato si stava svolgendo in una clinica di Vicenza. Quando, dopo 3 anni, la madre generale mi chiamò, dicendomi che serviva a Buhoro un’infermiera. Risposi che se fosse stato per un periodo avrei accettato, ma se fosse stato per restare là non avrei saputo dare risposta. La madre generale mi ringraziò e ci lasciammo». Non aveva fatto in tempo a posare la cornetta, che suor Celina fu presa dal rimorso. «Non ero contenta della mia risposta – dice – Ho lasciato passare qualche giorno e ho richiamato per dire che accettavo. Nel marzo successivo partivo per il Burundi».
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