Bar e ristoranti novaresi aperti (solo in parte) per vendite da asporto e consegne a domicilio. Tra le tante paure del presente, proprie e della clientela, e gli indubbi timori per un futuro che ad oggi non offre alcuna positiva garanzia.
«A fine giornata – dicono Cristina e Vittoria Gentili del Bar Ateneo – non s’incassano nemmeno i soldi per coprire le spese. Uffici e università chiusi, visite in ospedale proibite, così la nostra clientela s’è azzerata». «Siamo a terra – aggiunge Riccardo Marangon del Mazzini Cafè – il lavoro è nullo. Teniamo aperto per lavorare almeno con l’enoteca ma con risultati modesti. Gente in giro non ce n’è». «Così non può funzionare ancora a lungo – dice Aura Marin de Il Quinto bar – apro solo al mattino fino alle 12 con fatica enorme e incassi di pochi euro». «Per fortuna – sostiene Antonio Ariatta del bar Barbarossa – lavoro un po’ in pausa pranzo ma solo con clienti fidelizzati. Questa è una normalità che non funziona». «Da noi solo attività di bar – confermano Alessandro Nicastro e Milena Kenoussi de La caffettiera 17 – ma poca ristorazione. Il lavoro da asporto? Copre metà delle spese». Un’apertura parziale però condivisa dai più.
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