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In questi giorni migliaia di precari del mondo della scuola statale stanno facendo la spola tra domande di concorso per abilitazione e tentativi di capirne di più su concorso ordinario e straordinario; stanno letteralmente passando le giornate, non per studiare e prepararsi bene (e poi preparare bene le nuove generazioni, uno direbbe); no, stanno passando le giornate a cercare di capirne di più e a cercare di raccapezzarsi sui bandi. Perché non si capisce niente. Perché viviamo in un Paese dove la legge non vale per tutti. E soprattutto, dove ogni cosa va interpretata, con il risultato che… boh? Cosa significherà questo comma? Cosa intenderanno dire scrivendo cosi?
Nelle ore di diritto delle superiori, una volta, ci insegnavano che le funzioni dello Stato erano legislativa, esecutiva, giudiziaria. Detto in soldoni: dare il buon esempio, essere retti, rispettare le regole e farle rispettare, tutelare le persone… guardare al futuro. Cosa? Questo Stato? Che ha più a cuore la riapertura del campionato di calcio rispetto al mondo della scuola? Ministro, uffici di direzione territoriali, sindacati: dove siete? E dove vivete? E’ giunto il momento di far sentire la propria voce sul mondo dei precari. Perché nel privato i contratti a tempo determinato non valgono dopo un tot di mesi e nello Stato sì? E’ così che tutela i cittadini? Dove sono finite le lotte? Dove sono finiti i diritti?
Sapete qual è la verità? Una e scomoda: questa modalità di reclutamento non va bene. Non solo perché non si tengono conto davvero dei presupposti fondamentali degli insegnanti; ma anche perché sono disumani, perché lo Stato sfrutta ogni anno migliaia di precari, che poi lascia a casa in estate! Tanto, che si arrangino a prendere la disoccupazione… Poi a settembre via di nuovo. Questa è la verità! Allora, una volta per tutte, inseriamo i docenti per titoli e per esperienza. Altrimenti, a settembre, la scuola sarà ancora più nel caos di quanto lo sarà già. E poi, cari politici, presentate un disegno di legge sul nuovo reclutamento. Solo così si potrà dire davvero di voler bene alle nuove generazioni. E di essere, una volta tanto, Stato.