Cari ragazzi, perdonatemi la schiettezza. Fregatevene altamente se quello di quest’anno sarà un esame magari leggero, originale, di forma più che di sostanza. Diffidate da chi vi ha già detto che sarete tutti promossi (anche se a farlo è stato un Ministro della Repubblica, vi rendete conto?!), che anzi poi ha corretto il tiro spiegando che… no, l’esame è un momento serio e va valorizzato (i politici, sapete, lo fanno spesso).
Non ascoltate chi sostiene che di riti non ci sia più bisogno: quello della maturità, oltre che essere un momento essenziale, è un rito di passaggio unico, capace di farvi capire che la vita richiede sacrifici e fatica per poter costruire giorno dopo giorno; e che non sempre andrà tutto bene se non sarete preparati e appassionati di quello che state facendo (provate a pensare alle migliaia di medici e a ciò che hanno fatto in questi mesi).
State bene attenti a chi vi dice “tanto c’è tempo”: essere adulti significa essere maturi, diventare grandi. E perché questo avvenga bisogna passare inevitabilmente dal leccarsi le ferite, cadere e rialzarsi, guardando al domani. Sono in troppi, in questa società, anche all’età di cinquant’anni, a non essere cresciuti, in virtù di un “non so cosa” che li fa persino rendere pieni di sé, presuntuosi nel “lo so io”. Infanti e conformisti. Quando don Bosco parlava di “buoni cristiani e onesti cittadini” intendeva proprio questo: perché «diventare adulti è faticoso ma è bello» così come è faticoso ma estremamente bello vivere la vita con fede e affidamento, con scrupolo ed intuizione.
Cari ragazzi, vorrei anche chiedervi scusa se state affrontando un esame di maturità nella completa immaturità di un mondo adulto non capace di guardare più in là del proprio naso. E non si dia colpa ancora una volta al Coronavirus, che oggi sembra diventato il capo espiatorio di tutti i mali: lo stesso è accaduto l’anno scorso, con cambiamento dell’esame in corso (buste, scritti, crediti…), senza rispetto per docenti e ragazzi. Per questo non possiamo che definirlo sistema «immaturo» che pretende la «maturità» da noi che a scuola ci viviamo.
Cari maturandi, abbiate a mente un’altra cosa, forse l’unica giusta di questo esame quasi trasformato in mero adempimento formale (come spesso, a volte, è diventata la scuola): il maggior peso del curriculum dei tre anni (60% del voto). Questo valorizza la storia del ragazzo, non risolvibile, in ogni caso, in un orale organizzato all’ultimo minuto.
Forza ragazzi, è ora di essere adulti.
E insegnate ad esserlo anche a chi ha molti più anni di voi.
Qualche esempio di immaturità? Guardate cosa sta accadendo sulla data di inizio del nuovo anno scolastico. Se ne è discusso, grandi dibattiti e poi? C’è chi ha messo davanti a tutto e tutti… le elezioni… per poi sentirsi dire che “le aule scolastiche non sono indispensabili quali seggi elettorali”. Fatemi capire: allora per anni abbiamo sospeso lezioni sapendo di poter trovare l’alternativa?
Altro tema. Quello che sta accadendo nel mondo della scuola paritaria. Una parte (seppur residuale, ma al momento vincente) del Governo, sceglie di tenere in ostaggio 8 milioni di studenti, negare loro un futuro e immobilizzare l’Italia. Questo non è giustificabile né comprensibile. Il riscatto del comparto scuola paritaria costerebbe un miliardo di euro, ma si preferisce spendere quattro volte di più per non liberare questi studenti e ucciderne i sogni.
L’ultimo, poi ce n’è abbastanza. Il reclutamento del personale docente. Test sì, test no, concorso in un modo, concorso in un altro. Un tema importante, direte voi, tanto da aver fatto rischiare di saltare il Governo. Ebbene, non se ne parla più. Anzi, non si sa ancora nulla di certo. Lasciando nell’incertezza migliaia di docenti precari che, a settembre, salveranno la scuola (210 mila persone!).
Ragazzi, date una sferzata di maturità. All’Italia, oltre che a voi stessi. Ve ne saremo grati.