Per i nostri ragazzi autistici il lockdown è un terremoto

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Priscila Beyersdorf Pasino con suo figlio Nicolò
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Un terremoto, uno sconvolgimento delle nostre vite. È quanto ha prodotto in tutti il Covid-19. Sentimenti provati con più forza dalle famiglie con un figlio autistico, che si sono ritrovate sole e ancora più fragili, con il difficile incarico di occuparsi 24 h su 24, 7 giorni su 7, della gestione dei propri ragazzi a casa.

A parlarne è Priscila Beyersdorf Pasino, mamma di Nicolò, ragazzo autistico, e presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (Angsa) Novara Vercelli. «Con il lockdown – spiega – è stata stravolta la vita dei ragazzi autistici. Si sono ritrovati senza punti di riferimento, senza la loro routine, fondamentali per loro. Noi, con dolore, abbiamo dovuto chiudere il Centro per l’autismo».

Alcuni ragazzi autistici in una conferenza stampa per un progetto di Angsa con Fondazione Comunità del Novarese
Alcuni ragazzi autistici in una conferenza stampa per un progetto di Angsa con Fondazione Comunità del Novarese

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Quando si chiude tutto, scuola, incontri con gli amici, «i ragazzi si trovano disorientati. Molti di loro, molto fisici, hanno un forte bisogno di uscire e la passeggiata non è sufficiente. A loro e alle famiglie – aggiunge Pasino – è stato tolto tanto e richiesto uno sforzo incredibile. I ragazzi sono rimasti soli con i genitori, che si son dovuti trasformare in educatori».

Un impegno cui le famiglie non si sono sottratte. «Tutte lo stanno facendo, ma non è facile. In questi mesi le ho sentite e le difficoltà ci sono. Spesso si devono gestire ragazzi con comportamenti più complessi e disabilità più gravi. All’inizio reggi, poi diventa logorante. Non riesci a dare il supporto che può fornire l’educatore». Il lockdown ha evidenziato così la solitudine dei genitori. «Dopo due mesi è dura – rileva Pasino – Mio figlio va accudito anche fisicamente, vestendolo, svestendolo. Inizio ad avere problemi alla schiena. Io posso farcela. Ho 50 anni, due figli che mi aiutano, il sostegno di mio marito. Penso a quei genitori sui 70 anni con un ragazzo come il mio Nicolò. Per loro è più dura, iniziano anche a pensare al ‘dopo di noi’. E quelle famiglie con un solo genitore o che vivono in un mini appartamento in 5 e con altri figli da seguire?». E poi ci sono i genitori con figli in struttura. «Non possono vederli: da un giorno all’altro i ragazzi non hanno più visto mamma e papà. La videochiamata non è adatta a tutti gli autistici: molti non guarderebbero lo schermo. A casa c’è chi grida, chi morde. Chi inizia poi ad avere problemi di comportamento, chiudendosi sempre più in se stesso, e non siamo ancora giunti, se non da pochi giorni, alla fase peggiore, che penso sarà la fase 2, quando uno dei due genitori torna a lavorare. Non puoi certo prendere una baby sitter. Per i nostri ragazzi occorre personale specializzato».

Famiglie che, pur sole, hanno ben reagito, «trovando strategie a situazioni complesse. Sono state bravissime, ma ora sono stanche: non hanno mai riposato».