Silvano Bertini, toscano Doc e novarese d’adozione, a 91 anni compiuti, ha dovuto arrendersi soltanto al “lockdown”, il confinamento forzato che gli ha impedito di essere sul pezzo, anzi nei campi. Ma non ha mai smesso, anche a distanza, di dare consigli e suggerimenti agli agricoltori che lo ascoltano con doverosa riverenza. Perché quando parla il dottor Bertini, presidente dell’Associazione interprovinciale dottori in agraria e forestali di Novara e Verbano Cusio Ossola, c’è soltanto da imparare e migliorare. Lo sanno bene i coltivatori di riso, i viticoltori e gli allevatori delle valli ossolane, da quando lui arrivò negli Anni Cinquanta a Novara a dirigere l’allora Ispettorato agrario. Un riferimento, diventato a poco a poco icona nel mondo dell’agricoltura piemontese. Un innovatore, proiettato al futuro come lo è ancora oggi, pronto a cogliere i cambiamenti, la tecnologia, farne punti di forza. A lui ricorrono ancora aziende agricole, istituzioni come Provincia e Regione, i colleghi più giovani per un confronto: “Lo ha detto il dottor Bertini, allora si può fare”. Avrebbe potuto tirare i remi in barca da tempo, invece è in prima linea a organizzare corsi di formazione. Non lo spaventano gli stravolgimenti copernicani dell’agricoltura 4.0, anzi lo esaltano. Quando arrivò in Piemonte negli anni Cinquanta era difficile aprire una breccia fra gli agricoltori, abituati a coltivare sull’onda della tradizione, all’insegna del “si è sempre fatto così”, poco inclini alle aperture. “Erano tempi – ricorda Bertini – in cui la peronospera falcidiava i vigneti, una catastrofe di fronte alla quale i viticoltori erano disarmati. Serviva l’apporto di un tecnico che diffondesse conoscenze e consigli pratici per l’applicazione mirata di prodotti antagonisti. Come si può immaginare non esistevano tecnologia e messaggistica, neppure le videoconferenze come avviene oggi”. E come si faceva? “Si telefonava al parroco del paese che annunciava la data dell’arrivo dell’agronomo e quel giorno, poco prima dell’ora convenuta, faceva suonare le campane. La gente si radunava sulla piazza e lì si teneva la lezione di agronomia”. Una specie di “cattedra ambulante”. Bertini, calato nel Novarese, decise di compiere un passo in più: nei paesi del di Gianfranco Quaglia* AGRICOLTURA vino faceva affiggere manifesti sui muri o un avviso all’albo pretorio preannunciando il suo arrivo. Così A Barengo, Fara, Sizzano, Ghemme, alla Mauletta di Romagnano Sesia. Mezzi di comunicazione che oggi strappano un sorriso, se si pensa alla velocità di trasmissione consentita ai nostri giorni, affinata ancora di più durante il “lockdown” che ha impedito di fatto ai tecnici di andare a contatto dei viticoltori. Ma l’agricoltura non si è mai fermata: ad esempio una delle principali aziende fornitrici di supporti chimici e tecnologia, la multinazionale tedesca Basf, con una forte presenza anche in Italia, ha attivato un numero WhatsApp dedicato (366 1544955) che permette di condividere con i viticoltori di Piemonte e Veneto consigli mirati e tempestivi. Servizio gratuito, da aprile a settembre, con videomessaggi che diffondono strategie di difesa basate sull’andamento meteo, l’insorgere di malattie virali, assistenza completa dal vigneto alla cantina. venerdì 8 maggio 2020 13 Digital e telematica anche nelle risaie novaresi e vercellesi. Qui fra un mese tornerà “Brumana”, progetto unico in Europa che la Fondazione Agraria Novarese, presieduta da Giulia Baldrighi, imprenditrice risicola a sua volta, ha lanciato da alcuni anni insieme con Regione Piemonte, Ente Nazionale Risi, il supporto di Fondazione Banca Popolare per il Territorio, oltre al coinvolgimento di ricercatori. Si tratta di combattere un nemico subdolo, la “pyricularia” (meglio noto come “brusone”), patogeno che attacca le pianticelle di riso, le necrotizza e riduce la produzione. Un flagello in tutte le aree risicole del pianeta. Si combatte con alcuni prodotti chimici, ma è alto il rischio di utilizzarne troppo, aumentare i costi e inquinare l’ambiente. Gli agricoltori, difensori loro stessi dell’ecologia, hanno chiesto un sistema che limiti il più possibile i danni. Il progetto, già testato con successo, prevede l’installazione di alcune centraline captaspore nelle risaie: quando le condizioni meteo (caldo umido) sono favorevoli al diffondersi del “brusone” le centraline segnalano la presenza delle spore nell’aria. Il sistema incrocia poi il dato con un modello matematico che tiene conto anche del meteo e comunica via sms in tempo reale il bollettino con il tasso di pericolosità: livello zero, oppure d’allerta o grave. Un’attività di prevenzione, che tende ad anticipare l’arrivo del nemico in campo, mettendo in grado l’agricoltore di operare in modalità quasi chirurgica offrendogli il vantaggio della tempistica, di ridurre l’intervento senza spalmarlo su un periodo prolungato.
Gianfranco Quaglia
direttore di Agromagazine www.agromagazine.it