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Don Mauro Caglio: «Ho tanta nostalgia della mia gente»

Abbiamo sentito la voce di alcuni sacerdoti della nostra Diocesi in questo particolare momento: i legami della comunità che non si sciolgono.

Di seguito l’intervista a don Mauro Caglio parroco di Cannobio.

L’infilata dei portici del lungolago avvolta nel silenzio, lo sciabordio ritmato delle acque contro i pontili, il volo radente dei gabbiani sulla piazza all’ombra del santuario: questa oggi è la cartolina di Cannobio.

E questa è anche la Cannobio che da settimane è scolpita nella mente del parroco don Mauro Caglio. «Le giornate sono bene diverse da quelle alle quali ero ed eravamo abituati in questo periodo dell’anno», racconta.

La primavera in questo 2020 segnato dalla pandemia non ha portato con sé il ritorno dei turisti, con le voci e i colori che all’imbrunire animavano la piazza lago tra i tavolini dei bar e dei ristoranti. Tutto è diverso. Come diversa è la quotidianità di un sacerdote che sotto la sua ala ha la cura di sette comunità, che dalle rive del Maggiore si sparpagliano lungo le balze della Valle Cannobina.

«Ho nostalgia della mia gente, dei rapporti umani – spiega don Mauro. – Le telefonate e le videochiamate, che sono importanti in questo momento, aiutano però solo in parte a ridurre la distanza. Bene o male a Cannobio e Traffiume in queste settimane sono riuscito a raggiungere le nostre chiese, a dare un senso di presenza. Ma in valle è da un mese e mezzo che non salgo più».

Le giornate sono cadenzate in modo regolare. «Tutte le mattine celebro Messa nella cappella della sacrestia della collegiata di San Vittore – afferma don Caglio – a cui unisco un momento di preghiera e raccoglimento, in cui affido le mie comunità. Il resto della giornata è dedicato alle incombenze amministrative della Parrocchia. Ho approfittato di questo particolare tempo per mettere ordine in archivio, tra libri e pratiche».

Non solo. Insieme alla mamma Anna, don Mauro ha rispolverato anche alcune ricette della cucina brianzola, terra dove affondano le sue radici. «Solitamente non c’è tempo per curare anche questo aspetto – racconta. – In queste settimane mi sono messo ai fornelli e ho rivisitato alcuni piatti tipici della mia Arcore, come le polpette di verza, i risotti e la trippa brianzola».

Non passa giorno, poi, che don Mauro non chiami il sindaco per confrontarsi con lui su quanto sta avvenendo «e su come dovremo affrontare i prossimi mesi. È un argomento che condivido anche con i miei più stretti collaboratori. La preoccupazione per il futuro della nostra gente e delle nostre comunità mi interroga. Dobbiamo fin da ora essere pronti a saper dare risposte all’ansia e alla crisi che inevitabilmente si innescheranno con la ripresa».

Francesco Rossi: