È il 25 Aprile più difficile quello del 75°, quello che non avremmo mai immaginato di dover vivere. Chiusi in casa invece che di fronte ai monumenti che ricordano la lotta per la libertà, quella lotta che specialmente sulle montagne dell’Ossola e intorno ai nostri laghi fu frutto di spargimento di sangue, lutti e sofferenze.
Una libertà pagata a caro prezzo e alla quale oggi siamo stati costretti a rinunciare almeno in parte. Non è la libertà di parola o quella di pensiero che ci manca, ma la privazione di alcune delle cose date sempre per scontate imposta dalla lotta al Coronavirus che ci fa guardare a quel sacrificio, per qualcuno estremo, di 75 anni fa con occhio diverso. Un momento che ci fa toccare con mano che cosa significa “libertà” e perché qualcuno ha pensato che potesse valere da una vita per essa.
Lo speciale che il nostro giornale ha dedicato, come fa da anni, al 25 aprile arriva accanto a quello che da settimane dedichiamo al Coronavirus. Tutti e due raccolgono voci dal territorio, testimonianze ed emozioni. Si tratta di differenti emozioni e di differenti ricordi, ma che oggi risuonano insieme.
Allora furo morte e distruzione che arrivano da una guerra. Ora incertezza e angoscia vengono da un virus che ci ha colpito mentre la nostra società costruita su individualismo e bisogno del singolo, credeva di essere invincibile. Ora che il virus ci ha umiliato e nello spazio di uno schiocco di dita chiusi nelle nostre case, coltiviamo lo stesso sentimento di paura e angoscia di allora. Il nostro 25 aprile però arriverà e come in quel momento dovremo pensare a come i nostri padri, nonni e bisnonni riuscirono a ricostruire e inventare la società di cui abbiamo goduto fino a qualche settimana fa. Fu la capacità di guardare al futuro come comunità, mettendo da parte l’egoismo dell’individuo e l’orizzonte del particolare, ragionando come popolo. Una parabola di rinascita che ci aiuta a trovare la strada.
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Qui sotto una galleria di immagini tratte da”Il ricordo è la vita” che raccoglie alcuni degli scatti realizzati nei giorni della liberazione (il 26 aprile del 1945 a Novara) del novarese Umberto Bonzanini e ora parte del Fondo Bonzanini dell’Istituto Storico della Resistenza.