Abbiamo sentito la voce di alcuni sacerdoti della nostra Diocesi in questo particolare momento: i legami della comunità che non si sciolgono.
Di seguito l’intervista a don Vincenzo Barone parroco di Domodossola.
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La processione del Giovedì Santo a Domodossola non è stata fatta. Quel rito antico – voluto e concesso da Pio IX – che vedeva il Santissimo attraversare la città e fermarsi all’Ospedale San Biagio per la benedizione dei malati, quest’anno per la prima volta da oltre un secolo non si è potuto svolgere. «Ma le preghiere per coloro che soffrono e per tutta la comunità ci sono state comunque – spiega don Vincenzo Barone, parroco di Domodossola e vicario episcopale dell’Ossola -. Quello che manca, ogni giorno di questa emergenza sanitaria, è la dimensione di comunità: la possibilità di incontrare durante le celebrazioni i volti delle persone della nostra comunità ed essere in mezzo alla gente». Ma accanto alla tristezza per la distanza dalle persone, per la porta chiusa della chiesa durante le celebrazioni, c’è anche una grande speranza. «Sono migliaia le persone che hanno seguito la Messa in streaming, per molte famiglie è un appuntamento importante, forse più di prima, per sentirsi comunità – continua il parroco -. Si è più consapevoli del dono grande della fede».
La speranza a Domodossola ha anche il volto dei giovani: i ragazzi dell’Oratorio che sempre più frequentemente desiderano mettersi al servizio degli altri. «Soprattutto tra i più grandi – racconta don Riccardo Zaninetti, coadiutore di Domodossola – sta maturando l’esigenza di fare qualcosa per gli altri e di partecipare a iniziative di carità e di solidarietà».
Intanto, mentre i giovani pensa- no a come potersi rendere utili agli altri, continuano a stare vicini attraverso gli strumenti a disposizione: video chat, gruppi sui social network, video conferenze e la radio San Francesco. «La radio è lo strumento che i bambini e i ragazzi, abituati ai podcast e alle playlist di brani stanno riscoprendo e con cui mandano messaggi di auguri e di riflessione, aiutati dai catechisti», ricorda don Riccardo.
Di certo, però, anche in Ossola, nonostante la consolazione del verde delle montagne fuori dalla finestra, la realtà virtuale inizia a stare stretta anche ai giovani. «Si domandano su come questo tempo stia cambiando la loro vita e le loro famiglie – spiega il sacerdote – e desiderano poter presto tornare a uscire, non tanto per “evadere” da casa, ma per poter tornare ad esserci per qualcuno».
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