Abbiamo sentito la voce di alcuni sacerdoti della nostra Diocesi in questo particolare momento: i legami della comunità che non si sciolgono.
Di seguito l’intervista a don Costantino Manea parroco di San Vittore a Intra.
Il sole primaverile splende alto nel cielo già da qualche ora, quando don Costantino Manea, parroco di San Vittore, a Intra, scende le scale della canonica. Come ogni mattina, armato di tuta da lavoro, guanti, bandana in testa, vanga e tanta buona volontà, il prevosto si reca nell’orto. Ci sono le prode da estirpare dall’erba e vangare, bisogna scegliere le sementi di insalata, stabilire cosa piantare in un luogo piuttosto che in un altro e, ancora, tracciare i solchi, irrigare la terra e trapiantare pomodori, cetrioli, peperoni e melenzane. Schiena e gambe si piegano verso le zolle. Il sudore e la fatica si mescolano alla gioia di poter vedere tra qualche tempo affiorare dal suolo i frutti di quanto piantato.
«Dedicarsi all’orto e al giardino dell’asilo aiuta a distrarsi per qualche momento – racconta don Costantino -. Impegna queste giornate in cui siamo costretti a stare a casa, per contenere il diffondersi del Coronavirus. Ma inevitabilmente dopo un po’ il pensiero corre a quanto sta avvenendo oltre le mura e il portone della canonica».
La lontananza dalla propria comunità pesa con il passare delle settimane. «Le giornate – racconta don Costantino – a differenza di quanto avveniva prima, sono tutte uguali. L’agenda prima ricolma di impegni, ora lascia spazio a ap- puntamenti cancellati e pagine bianche».
La sveglia suona presto nella canonica di Via De Lorenzi. Dopo colazione, don Costantino si reca a piedi nella vicina Basilica. Il silenzio sembra quasi farsi presenza. Lo sguardo corre verso l’alto, lungo quelle pareti affrescate che in questi anni sono tornate a risplendere grazie ai restauri. La luce primaverile che entra dalle vetrate ne esalta i colori. «Mi siedo – afferma il prevosto – e mi raccolgo nella preghiera, affidando le persone della nostra città, le famiglie, i nostri ragazzi e in particolare coloro che in questo momento soffrono».
Si torna in canonica. Il tempo di cambiarsi e indossati gli abiti da lavoro, si va nell’orto. La lettura del giornale e di qualche libro, così come le telefonate per stare accanto alle persone che maggior- mente hanno bisogno di compagnia completano le ore del- la giornata, prima della celebrazione della Messa nella cappella dell’Oratorio. «Un momento condiviso con don Riccardo – spiega don Manea -. Così è stata anche la Pasqua, con la celebrazione “privata” dei riti della Settimana Santa».
Qui l’intervista a don Fabrizio Corno parroco di Castelletto Ticino