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Cirio: «Lavoriamo per risolvere il problema mascherine»

L’obbligo di indossare le mascherine è un problema di non facile soluzione e per ora in Piemonte non ci sarà nessuna ordinanza specifica. L’ha fatto sapere il presidente del Piemonte Alberto Cirio durante la trasmissione TV  mi manda Rai3.

«In Piemonte  – ha detto Cirio affrontando uno dei temi più vivi nel dibattito nazionale – abbiamo stabilito con una ordinanza che siano obbligatorie per le attività commerciali, ma obbligare la gente ad indossarle sempre e comunque in questo momento di difficoltà con famiglie che fanno fatica a pagare anche la ricarica del telefono diventa di difficile attuazione e non è rispettosa delle esigenze delle persone. Oggi una mascherina può costare anche tra i 10 e 15 euro ed è difficilissimo trovarla».

In futuro però, come dice a margine l’assessore alla sanità Luigi Icardi, la situazione dovrebbe migliorare a breve: «Ne abbiamo acquistate due milioni, ne abbiamo ottenute 2.267.000 in donazione e 3.200.000 dalla Protezione civile, che ci ha dato anche 57.000 Fp3 e 1.195.000 Fp2. I problemi che riguardano le Fp3 e i camici e sono dovuti in gran parte al blocco delle frontiere e alle giacenze del materiale nelle dogane straniere. Miroglio potrebbe triplicare la produzione lavorando anche in uno stabilimento estero, ma tale possibilità al momento è preclusa»

«Stiamo  predisponendo un certo numero di mascherine da donare alla popolazione – ha poi detto ancora Cirio Per ora ne abbiamo già consegnate 300mila pezzi (un certo numero viene distribuito anche a Novara) – spiega ancora il presidente del Piemonte – ma finchè non le potremo dare a tutte le persone credo sia inopportuno mettere l’obbligo anche se c’è una calda raccomandazione  nell’indossarla quando si esce di casa».

Cirio ha poi affrontato la apparente anomalia di una regione come il Piemonte dove in gran parte del territorio sono in vigore le stesse restrizioni che sono state applicate alla Lombardia, ma che per ora, anche nel novarese e nel Vco, non ha gli stessi risultati

«Da noi tutto è iniziato con una decina di giorni di ritardo rispetto a Lombardia e Veneto – prosegue Cirio -. Questo ci impone assoluto rigore, Preciso che non abbiamo mai sottovalutato la situazione; fin dall’inizio abbiamo chiuso, ad esempio, le scuole anche quando potevamo riaprirle e dopo abbiamo applicato ordinanze sempre più restrittive di quelle generali. C’è la convinzione che prima ne usciamo prima ripartiamo ma ci vuole ora rigore»

Nelle case di riposo c’è il rischio di nuovi focolai come accaduto a Premosello e Montescheno? «Abbiamo attivato un protocollo operativo che quotidianamente analizza provincia per provincia quali sono le situazioni critiche. Dobbiamo avere per queste strutture un livello di attenzione massima. Si cerca di aiutare e intervenire per mettere a disposizione il personale attraverso le nostre graduatorie, individuando alberghi per far sì che il personale delle case di riposo possa non dover ritornare nella sua abitazione e di dare linee operative pratiche».

Infine un pensiero alla ripresa: «Dobbiamo mandare in quarantena la burocrazia per poter far ripartire l’economia nei prossimi mesi».

 

 

 

 

Marco Cito: