Loro lo hanno capito in tre minuti: come lavare le mani, perché stare a casa… persino a rimproverare mamma e papà se a volte si avvicinano troppo. Certo, la routine di vita è cambiata. Ma i bambini sono così: ascoltano (molto più di quello che pensiamo noi adulti), mettono in pratica (fin da subito, se lo ritengono davvero necessario), poi tornano a giocare. Ecco perché noi adulti dovremmo imparare ancora una volta da loro. Invece no: la prima settimana (tra i tanti scettici e i pochi convinti) tutti abbiamo temuto che il Covid-19 ci facesse “perdere” da un punto di vista economico (e, allora, quasi quasi chissenefrega); la seconda abbiamo iniziato a temere per la nostra salute (ma non siamo stati capaci di rinunciare alla sciatina del week-end); la terza hanno iniziato a scricchiolare le relazioni (e anziché rivederle, via con le battute ironiche sui social). Questa, praticamente, è la quarta settimana dalla chiusura delle scuole: un tempo che – a qualcuno – può sembrare infinito. Ma è proprio ora che ciascuno di noi inizia a giocare la vera partita: mettendosi in gioco, cercando di scansare lo stress del cambio di ritmi (forzati), riorganizzando la propria vita. Perché quello che i nostri bambini e ragazzi stanno vivendo, naturalmente insieme a noi, è – per dirla con il pedagogista bitontino Giovanni Modugno – “scienza della vita”, che – spesso – la scuola verbalistica, astratta, mnemonica e burocratica non insegna. E’ la scuola “vissuta” a casa, non come siamo abituati a fare durante le vacanze estive o invernali (che tanto, sacrosante sono e sacrosante rimangono, quindi tutto è permesso) bensì in un tempo diverso, dove ci viene chiesto (anzi, imposto) di affrontare difficoltà impreviste, di rinunciare alla libertà dei movimenti e delle relazioni sociali in virtù del bene comune (e nostro). Il tutto volto a non farci dimenticare che i primi a dover (o voler?) salvaguardare la propria salute (= vita) siamo noi, con tanto di ridimensionamento delle abitudini quotidiane e tante rinunce. Basti pensare a tutto ciò che ci circonda: smettete di leggere questo testo (tanto è noioso!) e guardatevi intorno: il camino del salotto, il tavolo della cucina, giocattoli dimenticati, le foto degli animali, il cinguettio degli uccellini ad inizio primavera… ma non è tutto da apprezzare? Ora più che mai? E della tecnologia, che dire: computer, cellulari, tablet, collegamenti skype che riuniscono (a chilometri di distanza) generazioni diverse, consentendoci di voler bene anche senza abbracciarci (nonostante tutto, prima torneremo a farlo e meglio sarà per tutti!).
Ecco: quando usciremo da questa emergenza, e ne usciremo, lasceremo spazio ad un’accelerazione vertiginosa della vita… perché dovremo recuperare. Cosa? Chi?
Intanto, oggi, “immergiamoci” (con tutti nostri limiti, per carità) in questo tempo nuovo (o diverso), ricavandoci un proprio spazio, anche fisico e dedicandoci alle cose che piacciono: scrivere, disegnare, piantare un seme e… coltivare la pazienza, fantasticare e sognare (sì, perché l’immaginazione è un farmaco straordinario dicono gli psicologi). E, a chi assolutamente non si annoia (siamo ai tempi dello smart working, senza però contare cosa significhi veramente farlo coincidere con i propri figli a casa) deve giungere un forte incoraggiamento a “tenere botta”. Da questo periodo usciremo tutti più forti. E se lo saremo noi, lo saranno anche i nostri ragazzi.
Ps. Forse sarà anche il caso di non pensare sempre al virus, perché uno stress profondo alla fine intacca il sistema immunitario. Anche su questo impariamo dai bambini: sappiamo che c’è, lo combattiamo e impariamo a conviverci.
Ps2. Tutto ciò che è didattica on line è importantissima. Ma è educazione di alto valore anche farsi aiutare ad apparecchiare la tavola, passare l’aspirapolvere, tagliare il prato… insieme, ridendo e crescendo. Ogni occasione è opportunità che va colta e non persa.