Abbiamo sentito la voce di alcuni sacerdoti della nostra Diocesi in questo particolare momento: i legami della comunità che non si sciolgono.
Di seguito l’intervista a don Piero Cerutti, parroco di San Bartolomeo e san Marco a Borgomanero.
«Da la ca’ da tücci alle vostre case», dalla casa di tutta la comunità a quella di ognuno. Le parole sono in dialetto, la lingua dei nonni che ha il sapore di famiglia; il tono è commosso, toccato dalle sofferenze e dai lutti che il virus porta con sé, dalle solitudini di tanti costretti in casa e dai silenzi che corrono nelle strade della città e che esplodono come un pugno nello stomaco al cimitero, durante l’ultima benedizione a feretri che non sono accompagnati da nessuno, se non dal prete. Sono quelle che sceglie ogni sera don Piero Cerutti, parroco di san Bartolomeo e san Marco a Borgomanero, durante il suo quotidiano saluto serale attraverso la radio parrocchiale. «E’ un modo per dire – spiega il sacerdote – che se anche la parrocchia resta chiusa, anche se non possiamo più vederci di persona, resta il luogo della comunità e dell’incontro». Un incontro che passa attraverso la messa quotidiana trasmessa in streaming: «le porte della collegiata sono chiuse, perché come ovunque in Italia alle celebrazioni non possono essere presenti i fedeli, ma, in qualche maniera, così sono partecipate». Il resto della giornata del prevosto – che normalmente è traboccante di volti, incontri, impegni – è fatta di una nuova normalità. «Ho il tempo per concludere qualche lavoro che avevo dovuto rimandare da tempo. E per sentire, attraverso messaggi e telefonate, amici e parrocchiani. E poi per la preghiera». Lo spazio per una dimensione spirituale che ancora di più diventa affidamento. Lo racconta il cero acceso tre settimane fa nella piazza centrale di Borgomanero ai piedi della “Madonna in piazza”, la statua dell’Immacolata che da quasi tre secoli è stata il centro della vita religiosa e civile della città. Eppure don Piero non nasconde l’emozione e la malinconia del celebrare in una chiesa deserta. E le difficoltà di questo tempo di isolamento sociale: «incrocio i miei confratelli solo la mattina, proprio durante la messa. Poi anche noi preti rispettiamo le misure del governo». E così, ormai da tempo è stato sospeso il pranzo comunitario vissuto quasi quotidianamente insieme agli altri sacerdoti della comunità, don Marco Borghi, don Giuseppe Pastore e don Alberto Olivo. Come una delle tante famiglie separate forzatamente. E come una famiglia è la stessa parrocchia, con le stesse difficoltà delle altre nel mezzo della peggiore emergenza che segna questa generazione. Ma che non perde i contatti e, con essi, la speranza: «da la ca’ da tücci alle vostre case».
Qui l’intervista a padre Marco Canali, parroco di Santa Rita a Novara
Qui l’intervista a don Angelo Nigro e don Roberto Sogni parroci di Ghiffa e Ornavasso
Qui l’intervista a don Gianluca De Marco, coadiutore dei giovani ad Arona
Qui l’intervista a don Nicola Salsa, coadiutore ad Omegna
Qui l’intervista a don Gabriele Vitiello, coadiutore di Bellinzago Novarese