«Gli artigiani lavorano affinché tanti italiani oggi possano stare a casa: domani saranno gli artigiani a rischiare di restare a casa, travolti dalla crisi. Servono liquidità e alleggerire le scadenze contributive».
Mentre medici, infermieri e personale sanitario combattono in prima linea la guerra contro il Coronavirus, nelle retrovie vi sono alcune attività che tengono vivo il Paese durante il lockdown, molte delle quali registrano una elevata presenza di micro e piccole imprese.
L’autotrasporto garantisce la logistica delle merci, rifornendo il commercio alimentare e la grande distribuzione; l’autoriparazione provvede agli interventi di emergenza sui mezzi; la sanificazione degli ambienti di lavoro è affidata alle imprese delle pulizie e disinfestazione; le imprese dell’alimentare garantiscono la panificazione e la produzione di beni essenziali per l’alimentazione. Quindi le imprese dell’impiantistica elettrica, elettronica e termoidraulica, essenziali anche per l’assistenza alle strutture ospedaliere e per la predisposizione in corso dei nuovi reparti di terapia intensiva; le imprese di lavanderia e pulitura; i taxi e le imprese di noleggio autovetture con conducente; e così le imprese di riparazione di computer e apparecchiature per le comunicazioni che garantiscono le attività di smart working e funzionalità dei nostri devices.
In tutti questi comparti in prima linea nella battaglia contro il Coronavirus in Piemonte, operano 31.807 imprese artigiane. Naturalmente non tutte le imprese sono attive e molte presentano una operatività limitata.
Le 31.807 imprese artigiane piemontesi coinvolte direttamente contro il Coronavirus sono così suddivise: 2.985 industrie alimentari; 11.879 installazione impianti elettrici, idraulici e lavori di costruzioni; 6.203 manutenzione e riparazione autoveicoli; 2.238 trasporto taxi e riparazioni autoveicoli; 3.401 trasporto merci su strada; 199 attività supporto trasporti; 3.228 attività pulizie e disinfestazione; 531 riparazione computer; 1.035 lavanderie e 108 servizi funebri.
A livello provinciale, le imprese artigiane che operano nei comparti sopra citati sono così suddivise: Torino 17.128; Cuneo 4.791; Alessandria 2.847; Novara 2.068; Asti 1625; Biella 1.205; Vercelli 1.098 e Verbania 1.015.
A queste attività si aggiungono imprese e lavoratori dei settori di energia, acqua e raccolta rifiuti che, insieme con gli occupati della distribuzione commerciale, delle Tlc, dei servizi di informazione, delle edicole, del trasporto pubblico, offrono il loro contributo in questa battaglia di primavera contro il Covid-19.
«Gli artigiani stanno dando un prezioso contributo in questa ora buia – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – si tratta di 31.807 imprese che compongono una vera e propria retrovia grazie alla quale il nostro sistema economico e sociale sta reggendo. Le misure restrittive adottate in queste settimane sono giustificate dalla drammaticità dei fatti, ma siamo molto preoccupati. Con l’ultimo DPCM si decreta una ‘serrata’ produttiva mai vista prima, neppure in periodo bellico. La chiusura dei cantieri rappresenta un’ulteriore batosta per un settore allo stremo. Alla confusione originata dal rincorrersi e sovrapporsi di Decreti e Ordinanze, che lasciano trapelare un affanno da parte delle istituzioni che forse non hanno così sotto controllo la situazione, si aggiunge l’incertezza su quando e come si potrà ripartire».
«Non vorremmo che si dimenticasse che se oggi molte persone possono dire #iorestoacasa – continua Felici – è grazie anche a tanti artigiani che a casa non possono rimanere e che con il loro sacrificio tengono a galla l’Italia. I danni economici provocati dal Covid-19 saranno incalcolabili: molti artigiani sopravvissuti al decennio aperto dalla crisi del 2008 questa volta non ce la faranno. Se oggi stiamo capendo quanto sia stato miope non investire nella sanità pubblica, mi auguro che emerga con altrettanta chiarezza quanto sia stato stolto colpire artigiani e commercianti con imposte e burocrazia. Nel decreto ‘Cura Italia’ c’è ancora troppo poco. Ci aspettiamo ben altro. Ci si ricordi che l’Italia non è fatta solo da chi può barricarsi in casa e ricorrere al lavoro agile: l’Italia è fatta da gente che esce di casa per tirare su una serranda».
«È imperativo un intervento strutturale – conclude Felici – affinché possano continuare a farlo, altrimenti finita l’emergenza a ripartire saranno solo Francia, Germania e persino la Spagna che stanno mettendo in campo risorse superiori alle nostre, alla faccia dei soloni della sacralità del pareggio di bilancio. Bisogna intervenire immediatamente per garantire liquidità, nonché rinviare e alleggerire alcune scadenze contributive (ad esempio l’Imu sui capannoni, prevista per giugno). Serve un approccio al tema con meno proclami ad effetto, meno confusione e più consapevolezza su chi tira avanti il Paese».