Coronavirus, la situazione a Novara. Parla Mario Minola, direttore generale del Maggiore

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Minola confermatole direttore generale dell'ospedale Maggiore di Novara
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Mario Minola, medico specializzato in Igiene Pubblica, è direttore generale dell’Aou Maggiore della Carità di Novara, ospedale di riferimento del quadrante nord-orientale del Piemonte. Dirigere un’azienda di questa portata, in piena pandemia, non è cosa facile. Nella nostra Regione sono, a oggi, oltre 3mila le persone positive al Coronavirus Covid-19: 237 nella sola provincia di Novara, 119 nel Verbano Cusio Ossola, 153 in quella di Vercelli e 157 in quella di Biella. Al Maggiore, secondo i dati più recenti, sono 132 i ricoverati: 22 in Rianimazione. A prendersene cura tante persone straordinarie, uomini e donne, che stanno lavorando duramente, senza sosta, per garantire a tutti assistenza e cure. Una lotta contro il tempo, al limite delle forze, per arrestare un virus che ieri, al Maggiore, ha fatto otto vittime. 

Dottor Minola, gli scienziati ci dicono che ancora non abbiamo raggiunto il picco. Riusciremo a fermare il nuovo coronavirus o larga parte della nostra popolazione sarà contagiata?

«Dall’osservatorio ospedaliero è difficile fare previsioni attendibili. Sono al lavoro a livello regionale, nell’ambito dell’Unità di crisi, specifiche competenze epidemiologiche che stanno giorno per giorno elaborando i dati disponibili per effettuare previsioni affidabili».

 

Nella vicina Lombardia mancano i dispositivi di protezione. Da noi i medici di medicina generale hanno denunciato pubblicamente lo stesso disagio. Il Maggiore come affronta l’emergenza?

«L’impegno della nostra struttura è massimo per cercare di reperire il materiale indispensabile per contenere e contrastare la diffusione del virus in ambito ospedaliero e conseguentemente proteggere operatori e pazienti. Tuttavia, vista l’enorme richiesta da parte dell’intero Paese e la difficoltà di individuare fornitori qualificati, ci si scontra quotidianamente con la difficoltà di acquisire il materiale».

 

Se le cose non dovessero migliorare entro questa settimana è verosimile che i posti letto, primi fra tutti quelli in terapia intensiva, vadano esauriti e le strutture sanitarie – incluse quelle più solide e accreditate del prospero Nord – giungano al collasso. L’Aou di Novara cosa rischia?

«L’azienda è dotata di un piano predisposto dall’inizio della crisi per rimodulare l’offerta di posti letto dedicati ai pazienti Covid positivi. Tale piano è aggiornato quotidianamente dall’Unità di coordinamento locale e, a oggi, possiamo dire che sono stati attivati 200 posti letto dedicati. Tale processo è estremamente complesso perché non si tratta semplicemente di aprire un posto letto, ma di dotare di risorse professionali sanitarie e tecniche – ad esempio, respiratori – per fare funzionare il tutto. Non a caso, a oggi, abbiamo assunto oltre 40 medici specializzandi, 30 infermieri e 43 operatori socio-sanitari»

 

Per prepararsi al peggio la Regione ha avviato due strategie parallele: da un lato il coinvolgimento delle strutture private, dall’altro l’integrazione del personale sanitario che potrebbe però trovarsi di fronte a scelte non facili. A partire dall’accesso al pronto soccorso fino ad arrivare alla destinazione dei posti in terapia intensiva. Questioni di sostenibilità ma anche di etica medica. Il governatore Cirio ha assicurato “Cureremo tutti. È un impegno soprattutto verso i più anziani”. Voi siete pronti a questa sfida?

«A seguito delle tre delibere regionali, abbiamo già cominciato a inviare pazienti non-coronavirus alla Clinica San Gaudenzio e stiamo predisponendo accordi con le strutture del territorio per cercare di far ricoverare anche pazienti Covid positivi».

 

Il personale del Maggiore non si è tirato indietro e ogni giorno fa del suo meglio – pur sotto pressione e rischiando la salute – per prendersi cura dei malati. Questa pandemia contribuirà a rinsaldare l’alleanza tra pazienti e sanitari e ad allontanare sospetti, sfiducia e conflittualità sfociate nella Medicina difensiva?

«Credo che, al di là di facili slogan, sia all’attenzione di tutti l’impegno straordinario, al limite delle possibilità, di tutto il personale dell’Aou. A questo proposito è interessante anche sottolineare il contributo fornito da alcune associazioni di volontariato che ci stanno sostenendo per affrontare l’emergenza».

 

L’Aou di Novara è l’esempio di un sistema sanitario efficiente e consolidato che merita di essere sostenuto e valorizzato in tutte le forme possibili, a partire dalle eccellenti professionalità che lo compongono. La generosità dei novaresi lo dimostra di ora in ora, non trova?

«La catena della solidarietà è commovente: stiamo avendo donazioni da aziende, fondazioni, onlus, società, service club e centinaia di privati che ci stanno consentendo di affrontare al meglio l’emergenza. Ci sono anche atti di solidarietà quotidiani e continui (ad esempio, forniture di generi di conforto) che sicuramente aiutano a mantenere alto il morale di tutto il personale dell’ospedale duramente impegnato nel contenimento della diffusione del coronavirus e nell’assistenza ai pazienti».