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In festa per due nuovi diaconi

Nel pomeriggio di ieri, in cattedrale, il vescovo Franco Giulio Brambilla ha ordinato due nuovi diaconi del Seminario  San Gaudenzio: Liborio Lanza e Simonpietro De Grandis .

Liborio, 56 anni, ha scelto la strada che si concluderà con l’ordinazione sacerdotale dopo anni di lavoro come geometra. Originario di Abbiategrasso, ha incontrato la comunità ecclesiale novarese frequentando cori e gruppi di preghiera diocesani. Negli anni al San Gaudenzio ha svolto servizio presso le parrocchie dell’ospedale e di Sant’Agabio a Novara.

Simonpietro, 39 anni, è originario della comunità di Vespolate e ha maturato la vocazione dopo anni di lavoro come infermiere a Magenta, nella parrocchia di San Michele all’ospedale. Durante gli anni di Seminario ha prestato servizio negli ultimi due anni nelle parrocchie di Trecate e Sozzago e, l’anno precedente, a San Giuseppe a Novara.

Una celebrazione che è stata anche una festa, con le comunità di origine e quelle dove hanno prestato servizio negli anni di studio e discernimento, che si sono strette intorno ai due per l’ultima tappa prima dell’ordinazione sacerdotale.

Ed è proprio del percorso della vocazione che il vescovo Franco Giulio ha parlato nella sua omelia, commentando i brani delle letture proposte dalla liturgia. Partendo dall’«origine della vocazione»: dal primo momento in cui si risponde alla chiamata del Signore, che però «non è semplicemente un inizio, un passaggio da poi mettere alle spalle. Ma è il cuore, l’aspetto centrale della vocazione che dà origine alla scelta, ma che insieme la fonda e l’alimenta ogni giorno».

Una «quotidianità» della vocazione che il vescovo ha richiamato anche nel secondo elemento che ha sottolineato, «il corpo della vocazione»: «troppo spesso ci immaginiamo come “angeli” esseri spirituali che sono rivestiti da un corpo. Invece, la vocazione va spesa nella quotidianità, calata nella nostra vita, nelle nostre scelte concrete».

Essenza e concretezza della vocazione, quindi. Che per il vescovo apre al terzo passaggio che ha richiamato ai due ordinandi: la vocazione «come storia», che si intreccia e si lega inscindibilmente alle storie «di chi ci è vicino, che vive e cresce nelle relazioni. Nessuna vocazione può maturare da soli». E la prima relazione è quella col Signore, che agisce nel cuore, «come per Maria che risponde “avvenga per me secondo la tua parola”: sceglie il suo sì al Signore, lasciando che sia la relazione con lui, però, a decidere per la sua vita».

 

Andrea Gilardoni: