Paola Caccia, figlia del magistrato ucciso a Torino nel 1983: «verità sulla morte di mio padre Bruno»

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«Sono passati 36 anni, ma a Torino, ancora oggi, quasi non si può parlare di Bruno Caccia. Non mi spiego perché, dopo 30 anni, anche nella vicenda giudiziaria, continuino a esserci grandi resistenze. Noi famigliari vogliamo solo la verità di quel 26 giugno 1983».

A parlare è Paola Caccia, figlia di Bruno, il procuratore della Repubblica di Torino ucciso dalla ‘ndrangheta di ritorno da una domenica trascorsa fuori città. La figlia sarà a Novara oggi venerdì 21 giugno, per parlare al convegno “L’assassino di Bruno Caccia. Un percorso di verità ancora non concluso”, promosso dall’associazione La Torre-Mattarella e ospitato alla Sala dell’Arengo del Broletto, a partire dalle 17.30. «Parlare di Caccia – aggiunge – come emerso dalle carte, non si poteva, perché tabù, come se in questa storia ci sia qualcosa di indicibile. Trentasei anni in cui abbiamo dovuto lottare, combattere, per avere risposte concrete». Nella vicenda giudiziaria ci sono ancora punti da chiarire, molte zone d’ombra, quelle che la famiglia chiede che vengano indagate e chiarite, seguendo anche alcune piste d’indagine sinora ignorate. All’incontro sarà presente anche Marco Bertelli, del Movimento Agende Rosse, realtà che agisce per fare piena luce sulla strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992, nella quale fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino.

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