Novara, morte del piccolo Leonardo, il pm: «in 18 anni non ho mai visto una cosa del genere»

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«In 18 anni che sono pm non ho mai visto qualcosa del genere». E’ quanto riferito, sabato mattina in Procura, dal sostituto procuratore Ciro Caramore, a margine della conferenza stampa indetta dagli inquirenti per fare il punto sulla vicenda del piccolo Leonardo, il bimbo morto giovedì a Novara, dopo essere stato soccorso nella sua casa dal personale del 118 e portato in ospedale in condizioni molto gravi. Il piccolo è giunto nel reparto di Rianimazione ormai privo di vita, troppo gravi le ferite presenti sul suo corpicino.

La mamma, Gaia Russo di 22 anni, e il compagno di lei, Nicolas Musi, di 23, sono stati fermati dalla Squadra Mobile di Novara, diretta dalla dottoressa Valeria Dulbecco, venerdì sera intorno alle 22, a casa di amici, dopo che nel tardo pomeriggio erano emerse le prime risultanze dell’autopsia eseguita alla Medicina legale di Novara. Un’autopsia che aveva evidenziato la presenza sul corpo del bimbo, che avrebbe compiuto due anni a settembre, di lesioni gravissime e incompatibili con una caduta dal lettino, spiegazione che era stata fornita dalla coppia nell’immediatezza dei fatti, quando il personale del 118 e, quindi, la Polizia, erano giunti nell’appartamento al primo piano di un’abitazione di corso Trieste, a Sant’Agabio. Un risultato che non ha lasciato alcun dubbio negli inquirenti. Il bimbo è morto per le botte ricevute. Alcune ecchimosi sul corpo di Leonardo, tra l’altro, erano state notate anche nei primi momenti dei soccorsi. Il personale sanitario le aveva scorte e aveva immediatamente allertato la Questura.

L’ipotesi di reato contestata dalla Procura ai due è di omicidio volontario pluriaggravato. La giovane mamma, in attesa di un altro bimbo (è al quinto mese), si trova ai domiciliari in una struttura protetta, il compagno in carcere a Novara. Sono assistiti dagli avvocati Alessandra Gibbin lei e Barbara Grazioli lui. Lunedì mattina è prevista l’udienza di convalida del fermo.

«Un corpo martoriato con lesioni multiple – ha esordito il procuratore capo, Mineccia – E’ un omicidio avvenuto in un quadro di maltrattamenti pregressi. Il decesso è sopraggiunto dopo una serie di colpi traumatici, perché il bimbo presentava una serie estesa di ecchimosi. Lesioni ecchimotiche in varie parti del corpo, all’addome, ma anche al torace, al dorso e al capo. Le rilevanze medico-legali – ha aggiunto il procuratore – non lasciano dubbi sul fatto che si sia trattato di un’azione violenta da parte di terzi. Siamo profondamente sconvolti – ha concluso, ben rendendo l’animo di pm, inquirenti e del questore Rosanna Lavezzaro – da quanto abbiamo visto. I risultati dell’autopsia sono netti». Il bimbo aveva anche alcune fratture al bacino. Una violenza che, stando a quanto riferito dagli inquirenti, sarebbe culminata in un colpo all’addome del piccolo, che ha determinato uno shock emorragico al fegato, situazione che ha portato il bimbo a morte in meno di una mezz’ora. Come ha ancora spiegato il procuratore: «Una lesività e una forza non degne di un essere umano. Non ci sono parole. È una tragedia». Al bimbo, come emerso dall’autopsia, sarebbero stati inferti colpi a mani nude e calci.

Un delitto che, per gli inquirenti, si inserisce in un quadro di probabili maltrattamenti. «E’ un’ipotesi – ha aggiunto il pm Ciro Caramore, titolare dell’inchiesta – sulla quale stiamo lavorando, sulla quale stiamo effettuando verifiche». All’autorità giudiziaria, come riferito dagli inquirenti a una domanda dei giornalisti, non erano mai giunte segnalazioni. In ospedale il piccolo era stato portato solo una volta di recente, lo scorso mese di aprile. All’epoca, mamma e compagno, che convivevano nell’alloggio di corso Trieste da gennaio, avevano riferito che il piccolo era stato morsicato dal cane. Il referto, però, non aveva confermato totalmente questa teoria. C’era solo la sensazione, come riferito dalla dottoressa Dulbecco, «che Leonardo fosse un bambino trascurato, ma non certo che subisse maltrattamenti. Una segnalazione era giunta ai servizi sociali, ma per l’appunto solo perché – ha aggiunto la dirigente della Mobile – non pareva particolarmente curato, non per altre situazioni».

In casa, quella mattina, solo la mamma e il compagno. Dai controlli effettuati è risultato che il 23enne, biellese, ha un precedente penale per furto ed era noto alle Forze dell’Ordine per episodi di maltrattamenti, lesioni, violenza sessuale e stupefacenti. Da Biella era stata chiesta anche una sorveglianza speciale nei suoi confronti. Il sostituto procuratore Caramore ha chiesto alcuni esami ed è emerso come, nelle ore precedenti a quanto accaduto, l’uomo avesse assunto cannabinoidi e cocaina. «Ora dobbiamo verificare se si trovasse sotto l’effetto di droghe quando il piccolo Leonardo è stato ucciso», ha sottolineato. L’uomo, la mattina della corsa in ospedale, aveva dato in escandescenze prima con gli operatori del 118 e poi al Pronto soccorso. In Procura, durante l’interrogatorio, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Stando agli inquirenti non avrebbero mostrato segni di commozione o disperazione, avrebbero tenuto un atteggiamento «freddo e distaccato».

Una vicenda che sta scuotendo tutta la città. Una tragedia che ha lasciato tutti attoniti. La mamma del piccolo, pur se vivesse in corso Trieste da poco tempo, era conosciuta. Negli anni passati era stata volontaria, insieme alla madre, alla mensa dei poveri di S. Agabio di corso Trieste. Il sindaco Alessandro Canelli: «Sdegno, sconcerto e tristezza. La verità che sta affiorando sulle cause della morte del piccolo Leonardo sta sconvolgendo tutti. Ed è una tragedia che si ripete a pochi giorni da quella di Milano. Una preghiera per Leonardo e nessuna pietà per chi ha causato la sua morte».