Teatro Coccia: interviene l’ex direttrice del teatro, Renata Rapetti

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Nella fotografia, Renata Rapetti, nella conferenza stampa odierna
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Conferenza stampa fiume, oggi lunedì 4 marzo, per l’ex direttrice del Teatro Coccia di Novara, Renata Rapetti, che, dopo un intero anno in cui non è intervenuta sulle vicende che hanno interessato il teatro che ha avuto il merito di rilanciare, evitando anche di rispondere a una serie di attacchi alla sua persona, dopo le dichiarazioni rilasciate in Commissione dall’attuale direttrice del teatro novarese, Corinne Baroni, ha voluto puntualizzare, dati alla mano, una serie di questioni.

Prima tematica trattata è quella, esplosa la scorsa settimana, relativa ai biglietti ‘gonfiati’ per tre spettacoli andati in scena al Coccia. Accusa mossa a Baroni dall’ex presidente della Fondazione Coccia, Carmen Manfredda. L’attuale direttrice aveva riferito come tutto si fosse svolto nella massima regolarità e «in linea con una prassi operativa in uso al Teatro Coccia da moltissimi anni». Aveva riferito che lei aveva firmato alcuni accordi per l’acquisto dei biglietti in precedenza rispetto agli spettacoli. Aveva poi specificato in una nota: «in merito a quanto pubblicato relativamente a ‘biglietti gonfiati’ si ritiene opportuno specificare che tutti gli importi presenti nella documentazione fiscale in merito alle rappresentazioni citate corrispondono a una reale emissione degli stessi». Questa la puntualizzazione di Rapetti: «Non mi risulta fosse prassi comune al Coccia questa modalità, ossia che alcuni sponsor acquistassero biglietti in blocco. Anche perché – ha sottolineato l’ex direttrice del Coccia – non ne avevamo bisogno. Nei miei cinque anni al Coccia abbiamo sempre chiuso con una gestione positiva. Il mio modo di fare promozione era quello di coinvolgere il pubblico, non di fare operazioni di marketing. Ad esempio per quegli spettacoli che, per loro natura, attiravano meno gente, coinvolgevo studenti, scuole, associazioni, l’Università della Terza Età, un modo per far conoscere il teatro, portando, per il futuro, nuovi spettatori, nuovi fruitori. E’ ovvio che ci siano spettacoli più difficili da promuovere di altri, più difficili da vendere, ma è sufficiente ingegnarsi un po’ e si trova una strada per lanciarli, per far nascere interesse tra il pubblico o, comunque, per far avvicinare più gente al teatro, per diffonderlo, per farlo conoscere. Un esempio è il “Mosè in Egitto”, per il quale coinvolsi la Diocesi e il Museo Egizio di Torino. Un’operazione culturale finalizzata a spiegare il lavoro di preparazione dello spettacolo. Una volta andata via io dal Coccia, non se n’è fatto più nulla. Se vedevo che uno spettacolo non stava andando bene in termini di vendita, facevo una riunione con tutto il gruppo del teatro e cercavamo una soluzione. Un caso è stato il balletto “Certe notti”, su canzoni di Luciano Ligabue. Un successo ovunque, invece da noi non stava andando bene. Decidemmo così di mettere in palio, per gli spettatori del balletto, quattro biglietti per assistere a un concerto dell’artista a Londra». E ancora: «Ho anche letto di cifre a disposizione della direzione per l’acquisto dei biglietti per riempire la sala. Io non ne ho mai saputo nulla. Potrei ipotizzare, forse, che fossero soldi accantonati per pagare i diritti Siae per gli inviti in occasione delle ‘prime’, quando si ospitano autorità, manager e famigliari dei protagonisti degli spettacoli».

Altra questione toccata da Rapetti riguarda alcuni spettacoli non andati particolarmente bene. «Ho letto che sarei io la responsabile di alcuni spettacoli “deboli” di questa stagione, ma anche questo non è vero. Si tratta della stagione, semmai, di Matteo Beltrami. Ha dichiarato proprio lui, in conferenza stampa, da quanto ho letto sulle varie testate novaresi, che la stagione sarebbe stata più ricca e con diversi spettacoli in più. Considerata la situazione economica, forse era meglio ridurre, non aumentare gli spettacoli, che hanno certo un costo. Uno spettacolo scelto da me era senz’altro “Fantasio e Fortunio”, ma occorreva seguire la produzione e tagliarne probabilmente la durata, andava bene da un’ora e mezza, non da oltre tre ore. Io l’avevo scelto per la regia di Fabio Ceresa, il regista è invece poi mutato, se non erro è stato realizzato con un registra ungherese. Non si è più trattato della mia scelta, del progetto che stavo portando avanti io».

Una lunga disamina, quella di Rapetti, conclusa con un invito: «non vorrei risposte sui giornali da parte dell’attuale dirigenza del teatro, da questo o quello, ma proporrei un confronto pubblico, aperto, con tutti coloro che sono coinvolti nella vicenda, dall’ex presidente della Fondazione a Baroni, a Beltrami».

Servizio completo sul giornale in edicola venerdì 8 marzo