Un messaggio di speranza riguardo la possibilità di una convivenza pacifica tra cristiani e musulmani. È quello che ha portato padre Cesare Baldi, direttore della Caritas Algeria e missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere), nella sua testimonianza alla veglia di preghiera per la pace che ha presieduto la sera del 31 dicembre scorso al Santuario del Santissimo Crocifisso di Boca, assieme a don Giorgio Borroni, direttore della Caritas diocesana, padre Fiorenzo Fornara Erbetta, rettore del Santuario di Boca, don Giancarlo Masseroni, per anni missionario in Burundi, don Gianfranco Regalli, parroco di Borgolavezzaro, e alla quale è intervenuto anche don Brunello Floriani, vicario episcopale per la Pastorale.
«Attenzione a non fare di un’erba un fascio riguardo ai nostri fratelli musulmani: sono tempi tristi in cui si sentono delle grandi stupidate da parte di giornalisti in televisione per non parlare degli uomini politici. Io ci vivo con i musulmani e li devo ringraziare, senza di loro la Caritas algerina non esisterebbe, ci tengono più loro dei nostri confratelli» ha affermato padre Baldi. Parlando della cerimonia per la beatificazione dei 19 religiosi cristiani martiri uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996, che si è svolta l’8 dicembre scorso a Orano in Algeria alla presenza del cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, inviato speciale di papa Francesco, il direttore della Caritas ha sottolineato che sono intervenuti una ventina di immam, i parroci musulmani, il ministro algerino per gli Affari religiosi e il capo di una confraternita musulmana che aveva lanciato l’idea di una giornata di convivenza pacifica. «Non so se noi saremmo stati in grado di fare altrettanto a una celebrazione musulmana» ha detto padre Baldi, che ha ricordato il sacrificio dell’autista musulmano del vescovo martire Pierre Claverie il quale, in una lettera testamento alla madre, aveva scritto, che pur essendo consapevole che il vescovo era nel mirino dei terroristi, non se la sentiva di abbandonarlo. Il direttore della Caritas algerina ha anche ricordato i 100mila algerini, tra i quali un centinaio di immam, uccisi perché si erano opposti all’Islam violento. Parlando dei diciannove religiosi cristiani martiri che hanno resistito alla paura di andarsene e sono rimasti coraggiosamente vicini al popolo algerino, ha detto: «è bello vedere che alla loro beatificazione erano presenti molti amici musulmani. Dovremmo riuscire ad aprirci un po’ di più ai nostri fratelli più vicini in questo bacino del Mediterraneo. Non perdiamo l’occasione di creare dei muri, come sta facendo Trump in Messico, ma non sono i muri che ci aiutano a vivere meglio. I nostri beati sono rimasti, non hanno costruito muri e hanno saputo pagare con la loro vita la costruzione di questa nuova vita. La testimonianza di questi 19 beati sia l’occasione per un ripensamento sui nostri amici musulmani, pensiamo ai giovani che sono lì e vorrebbero costruirsi un futuro. Chiedo una preghiera per noi che siamo lì, perché questa nostra Chiesa algerina, anche se minima in termini numerici, possa essere una presenza solidale a costo della vita».
Claudio Andrea Klun