E’ la bestia nera di papa Francesco, al punto che, se per stigmatizzarla non trova termini abbastanza duri, inventa parole. E’ la corruzione. Della quale nel 2015, quando andò in visita al quartiere napoletano di Scampia, disse che “spuzza”. “Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione ‘spuzza’. La corruzione spuzza, la società corrotta spuzza”. E anche nei giorni scorsi, durante il suo viaggio in Bangladesh, incontrando leader islamici, induisti, buddisti, ha parlato della corruzione, dicendo che “le religioni devono unirsi contro il virus della corruzione politica”. La parola “corrotto”, ha spiegato a giungo nella prefazione al volume “Corrosione” del cardinale Turkson rimanda a “cuore rotto”, “un cuore infranto, macchiato da qualcosa”, “rovinato” come un corpo decomposto.
La corruzione insomma prima di tutto malattia dello spirito, che produce frutti avvelenati che fanno “marcire” la vita dell’uomo, spezzando le “tre relazioni” che caratterizzano la vita umana: quella con Dio, quella col prossimo, quella con l’ambiente. Quando l’uomo è “onesto” le vive responsabilmente “per il bene comune”. Ma se si lascia corrompere “subisce una caduta” e la “condotta anti-sociale” che la corruzione induce finisce per “sciogliere la validità dei rapporti”. E il 21 settembre, ricevendo la Commissione parlamentare antimafia ha definito “decisivo”, “opporsi in ogni modo al grave problema della corruzione che, nel disprezzo dell’interesse generale, rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano”.